AX Armani Exchange Milano-Acqua San Bernardo Cantù 70-57

Domenica 21 marzo 2021 • Mediolanum Forum di Assago (MI)

Non mi aspettavo un derby effervescente, sia chiaro. Però un tantino meglio dello spettacolo proposto sì. In tempo di limitazioni di trasferte per covid, purtroppo, quest’anno è stata soltanto la prima volta in cui sono riuscito a vedere dal vivo Cantù. Ok l’assenza di Frank Gaines, ok il debutto in panchina di Christian Di Giuliomaria, ma l’ho trovata di una pochezza quasi allarmante. Anche perché Milano, in tutta onestà, ha vinto la partita giocando forse una quindicina di minuti con la seconda marcia inserita. Stop, è bastato questo. Davvero poco.

È stata però una buona occasione per rivedere Gabriele Procida dopo tanto tempo. L’ho trovato cresciuto, più maturato nel fisico, più strutturato, insomma. Non più quel ragazzino quasi scheletrico con i pantaloncini inguinali che sgambettava a sprazzi nella prima metà della scorsa stagione. Di pari passo col fisico sta uscendo anche il talento, cosa che ho subito notato già l’anno scorso, al Trofeo Lombardia, quando Alessandro Palermo me lo indicò come la “next big thing” di Eurolega. Ripensando a quelle parole a distanza di un anno e mezzo, direi che c’è più che un fondo di verità. La maturazione mentale, prima che tecnica, è evidente. Questo ragazzo mi sembra non abbia davvero paura di niente e nessuno, anche se collocato in un palcoscenico di altissimo livello come la cornice del Forum contro la capolista. Nei primi minuti, quando Cantù era ancora viva, è stato fantastico: aggressivo, tenace, rabbioso, pronto a giocare e intervenire sulle linee di passaggio e a sprigionare tutto il suo atletismo da teenager in campo aperto. Il ferro del Forum vibra ancora, credo, dopo un paio di quelle sue schiacciate a inizio primo quarto.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Jordan Bayehe che apre AX Armani Exchange Milano-Acqua San Bernardo Cantù.

Milano, per il resto, ha fatto il suo. Una partita da 6 politico, 6.5 se vogliamo stare larghi di manica, una vittoria relativamente tranquilla con amministrazione iper-controllata e risparmio di energie in vista della volata finale di Eurolega, ora obiettivo principe di questo frangente di stagione. Ci siamo salvati con il classico show verbale di Zach LeDay dal suo angolo preferito a ridosso della cyclette: radio sempre accesa anche oggi, a livelli raramente raggiunti in stagione.

Mi è piaciuta molto – e potrei forse anche dire finalmente – la risposta della panchina, così come la gestione di Messina che, per chiudere un finale con un mezzo brivido, ha scelto di schierare un quintetto tignoso, di cagnacci, oppure semplicemente di giocatori che, avendo meno spazio e meno pensieri da Eurolega per la testa, sono stati più disposti a riversare in campo il massimo della concentrazione.

L’MVP va condiviso, direi, tra Riccardo Moraschini e Jeff Brooks. Nelle ultime uscite, sto vedendo il Morasca in crescita dopo un periodo di evidente appannamento. Certo, sappiamo che la sua dimensione naturale non può essere un alto minutaggio d’Eurolega, ma in campionato sì. Ormai è tempo perché raggiunga il livello mentale e di attenzione necessario per poter essere un giocatore in grado di spostare gli equilibri in Serie A. Fisico e tecnica ci sono, su questo non c’è mai stato dubbio. Ora serve la testa pienamente concentrata al 100%, sempre, in ogni azione, come richiede (giustamente) coach Messina. E forse, quelle sostituzioni quasi “punitive” al primo errore, magari per un passaggio molle o una mancata rotazione difensiva, stanno dando i frutti sperati: alzare il livello di concentrazione al massimo, e tenerlo costante.

L’angolo preferito di Zach LeDay, di fianco alla mia postazione. E, ovviamente, radio sempre accesa a livelli incredibili.

Molto positiva anche la prova di Jeff Brooks, un altro che sto vedendo in grande crescita nelle ultime settimane. Ha seguito lo strano, stesso percorso di Shavon Shields, tornando più in forma dallo stop per infortunio. Ora, dopo tanto tempo, sto ritrovando il vero Brooks dei vecchi tempi, il guerriero, il lottatore che non molla mai un centimetro, mai un singolo pallone, sempre pronto a sacrificarsi per la causa. E attenzione, perché una serie di buone difese porta, tendenzialmente, a un aumento di fiducia offensiva, cosa di cui il ragazzo ha tremendo bisogno. E negli ultimi tempi, forse grazie alla testa più sgombra, leggera e libera rispetto al consueto, lo sto vedendo infilare quel tiro piazzato con molta più continuità.

Un’ultima nota a margine su una lezione di coaching regalata anche oggi da Ettore Messina. A fine terzo quarto, dopo il buzzer-beater realizzato da Johnson in faccia a Paul Biligha, arriva lo shampoo nei confronti di Paolone. “Forse non hai capito bene il concetto. È proprio il messaggio che non ti è arrivato. Se io ti dico che devi fare fallo, tu devi fare fallo. Non mi interessa quello che pensi tu. Se ti dico che devi fare una cosa, è quella. Qui decido io che cosa devi fare tu, chiaro?”.

Chiarissimo, coach. E credo che il messaggio sia arrivato ben chiaro. Perché nel finale, in mezzo all’area, quando si decideva la partita, c’era proprio Paul Biligha.

scritto da Daniele Fantini