AX Armani Exchange Milano-FC Bayern Monaco 79-78

Martedì 20 aprile 2021 • Mediolanum Forum di Assago (MI)

Il 79-78 con cui Milano si è presa gara-1 della serie playoff è lo stesso identico risultato con cui domò il Bayern 15 mesi fa, in una partita di regular-season ugualmente folle. In gara-1, Milano ha rimontato dal -19. In quel match dello scorso anno arrivò invece un’incredibile recupero dal -20 accusato alla metà del terzo periodo. Entrambe le partite hanno un minimo comun denominatore. Sergio Rodriguez. L’anno scorso, il Chacho segnò 4 punti e servì 7 assist lanciando la rimonta negli ultimi 11 minuti di gioco. Quest’anno, nello stesso arco di tempo, ha segnato 13 punti, il suo intero fatturato di una partita iniziata in sordina. Cifre differenti nelle categorie statistiche, ma ugualmente determinanti. Identico, però, è stato il linguaggio del corpo. Quello del grande campione che ha sempre creduto nella possibilità di imbastire una rimonta anche contro qualsiasi pronostico.

Gara-1 ci ha proposto una partita a doppia faccia, decisa dalla qualità altalenante delle difese. Nulla di strano rispetto al pronostico ma che, anzi, certifica l’imprevedibilità della serie sulla carta più aperta dell’intero scacchiere dei playoff. Il primo tempo straordinario del Bayern, perfetto nel togliere all’Olimpia ogni sbocco sul perimetro, lì dov’è più pericolosa, ha poi ceduto il passo a un clinic dello stesso livello tenuto da Milano nella ripresa, quando la squadra di Messina è stata finalmente capace di pareggiare la fisicità dell’avversario, anche grazie al prezioso quanto improbabile apporto di Kaleb Tarczewski dal fondo della panchina.

La palla a due tra Kyle Hines e Leon Radosevic che apre gara-1 dei playoff tra AX Armani Exchange Milano e FC Bayern Monaco.

Il finale, però, ha raccontato un’altra storia. Quella in cui Milano ha reale vantaggio nella serie. Quella, ricalcando il titolo del docu-film appena prodotto da Eurolega, dei “New Old Boys”, in cui è emerso il gap di esperienza e carisma tra un gruppo composto essenzialmente da rookie della post-season e una squadra che, nelle ultime due sessioni di mercato, si è arricchita aggiungendo grandi campioni. A cominciare da coach Ettore Messina, che ha sempre infuso fiducia nella squadra anche con un disavanzo in doppia cifra abbondante e chiuso il cerchio disegnando una straordinaria rimessa con tripla opzione, degna del miglior playbook di Gregg Popovich. Proseguendo, poi, con i protagonisti in campo. Da Kyle Hines, ermetico nel cementare ogni varco in area nel finale, a Malcolm Delaney, tornato a vestire i panni del mastino sul perimetro tanto mancato nelle ultime uscite, fino a Sergio Rodriguez, vero hombre del partido, l’uomo capace di accendere la fiammella della speranza e alimentarla, giocata dopo giocata, fino a renderla un fuoco divampante.

Il Chacho è uno degli ultimi floor-general della vecchia generazione, del basket degli anni 2000. Un giocatore ball-dominant, a cui piace tenere tanto la palla in mano e insistere, col palleggio aperto, alla ricerca spasmodica di una situazione vantaggiosa da sfruttare. In un basket moderno volto sempre più ai sistemi di flusso e di movimento del pallone, Rodriguez è quasi un’anomalia. Ma un’anomalia vincente, perché pochissimi, nel panorama europeo, sanno attaccare dal palleggio come lui, specialmente su un cambio, arma tattica per eccellenza utilizzata dalle difese di oggi. Che sia in serata o no, il Chacho tende a giocare sempre allo stesso modo, con quella serie di palleggi sul posto, incrociati, tra le gambe, accompagnati da finte da corpo e sguardo per ingannare il difensore e trovare lo spiraglio buono per affondare la lama. Poi può cambiare la qualità delle letture e delle scelte, ma quella, tendenzialmente, si evince dal linguaggio del corpo. Nei momenti di trance agonistica pura, Rodriguez zampetta quasi sul posto, facendo guizzare gli occhi in ogni direzione, pronto allo scatto decisivo. Quello del campione. Lo stesso linguaggio del corpo che ha segnato le due rimonte contro il Bayern, di gara-1 e di 15 mesi fa.

scritto da Daniele Fantini