Episodi e protagonisti mancati: lo strano finale di gara-4 tra Bayern e Milano

Il canestro del sorpasso del Bayern, firmato da Jalen Reynolds a rimbalzo d’attacco, è arrivato a 3’09” dalla sirena. E, probabilmente, la squadra di Trinchieri sarebbe rimasta inchiodata lì fino alla fine senza quel contropiede fortunoso chiuso dall’alley-oop di Zipser per Lucic. Il finale punto-a-punto di gara-4 si è risolto attraverso un paio di episodi all’interno di una netta remata al contrario generale, che ha evidenziato il grande equilibrio di una serie tra due squadre sostanzialmente equivalenti (come dettato anche dallo stesso record finale in classifica) e frenate allo stesso modo nei momenti-chiave. Il Bayern per inesperienza complessiva del gruppo e mancanza di un vero leader naturale con un trascorso vincente nei playoff, Milano per il peso di una responsabilità enorme caduto nel momento di maggior involuzione della stagione. Di lucidità, nei tre minuti conclusivi, se n’è vista pochissima, su entrambi i lati. E, più che di una partita vinta con merito dal Bayern, sarebbe forse giusto definirla come una grossa chance fallita dall’Olimpia.

Le difese hanno superato attacchi statici e mal costruiti, un aspetto del gioco su cui Milano dovrà lavorare molto in adeguamento per gara-5, cercando di esprimere una pallacanestro più rapida e fluida come fatto per buona parte di gara-4, fino al momento del massimo vantaggio sul +13 nel terzo periodo. Poi, vuoi per la naturale tensione e per il ricompattamento della difesa del Bayern, l’Olimpia ha ripreso a giocare lo stesso basket di isolamenti di gara-3, con i lunghi passaggi a vuoto cruciali di un ultimo quarto da soli 11 punti realizzati. Sono mancate le due grandi bocche da fuoco sul perimetro, Sergio Rodriguez (stranamente assente per tutta la gara) e Kevin Punter (visto soltanto in una rapida fiammata a inizio quarto periodo), situazione che ha costretto Milano a giocare e resistere a lungo soltanto sulla coppia Delaney-Shields, considerando anche la difficoltà nel trovare vantaggi da sfruttare vicino a canestro contro la front-line più fisica del Bayern: alla reticenza di Kyle Hines si è aggiunto il tremore di uno Zach LeDay incapace di trovare i suoi classici movimenti in post-basso, probabilmente frenato, anche lui, dal peso di un palcoscenico mai calcato finora.

Milano ha condotto a lungo la partita con merito, dando anche una vaga impressione di controllo nel terzo periodo, ma ha fallito le chance per ammazzarla quando avrebbe potuto, condannandosi in una stranissima serie di episodi negativi in successione. Prima con una palla persa banalissima di Rodriguez, poi con una tripla sparacchiata da Punter da otto metri senza costrutto, poi lasciando punti importanti dalla lunetta con Shields e Delaney, dettagli che hanno fatto la differenza nel finale. Il canestro del sorpasso di Delaney a 1’06” dalla fine, straordinario per fattura, è nato da un’invenzione personale in una serata magica, e lo stesso Delaney avrebbe poi potuto chiuderla allo stesso modo, nell’azione successiva, dopo l’ennesimo errore di Baldwin in un quarto periodo giocato al contrario. Attaccare Sisko dal palleggio è stata la scelta giusta, e sull’appoggio sbagliato che avrebbe potuto mettere il sigillo sulla partita c’è, probabilmente, un fallo dello stesso Sisko non fischiato, situazione che ha poi generato quel rimpallo fortunoso per il contropiede di Lucic. Un episodio, insomma, che sarebbe potuto finire tranquillamente in direzione opposta, e che ci avrebbe portato a parlare di altri argomenti e con altri toni.

Discorso analogo per l’ultima azione. Corretta la scelta di attaccare Sisko dal palleggio con Shavon Shields, più grosso e fisico, meno buona l’esecuzione che ha poi portato a quello sfondamento per questioni millimetriche contro James Gist. Ma anche lì, prima del contatto con il lungo del Bayern, ce n’è uno, chiaro, di Sisko che sbilancia Shields, e che avrebbe potuto indurre la terna a fischiare in maniera differente.

Costruita in maniera perfetta anche la giocata della disperazione sull’ultima rimessa, con la creazione del miglior tiro possibile per il miglior tiratore in campo, perché Gigi Datome dall’angolo è sempre stato una sentenza in questa stagione. Forse ci sarebbe potuta stare una piccola finta per mandare fuori giri Zipser in fly-by e avere poi una visuale del canestro più pulita, ma in quegli istanti è difficile mantenere la lucidità e la prontezza di riflessi che si avrebbero in una normale azione di gioco. L’attenzione ai dettagli, su cui coach Messina si è già espresso nel post-partita, sarà ovviamente cruciale in gara-5. Ma, ancor di più, lo sarà il carisma dei grandi campioni. Milano li ha a roster. E devono venire fuori. Tutti, nessuno escluso.

scritto da Daniele Fantini