Ettore Messina: il mantra del “less is more”

Ettore Messina è una di quelle persone che ascolteresti parlare per ore senza stancarti mai. Impossibile impressionarlo con una domanda. Perché ogni risposta apre a sua volta un mondo che non ti saresti mai aspettato. Ettore Messina non è mai scontato, non è mai banale, tanta è l’apertura mentale e la conoscenza della vita in tutte le sue sfaccettature di un uomo che ha girato il mondo lavorando sempre al massimo livello.

I grandi mentori

“Ho citato spesso tra le persone che hanno influito molto nella mia vita i capi allenatori che ho avuto, quindi Massimo Mangano, che purtroppo non c’è più, Alberto Bucci, che purtroppo non c’è più, poi ovviamente ho citato Sandro Gamba e Dan Peterson. Da Gregg Popovich, stando con lui tutti i giorni per cinque anni consecutivi, devi cercare di essere come una spugna e prendere il più possibile. Uno dei suoi mantra è “less is more”: “meno vale di più”. L’altra cosa, certamente, l’attenzione alle persone prim’ancora che al giocatore. E l’ultima cosa, direi la capacità di mettere in prospettiva tutto. Questa non è una roba da scienziati nucleari, lui lo dice sempre. Come per dire, questa è pallacanestro”.

Come si vince in Europa

“L’Eurolega è di fatto un’NBA europea. In questa stagione regolare così lunga c’è una necessità di essere mentalmente forti e fisicamente forti che talvolta è anche più importante della tecnica pura e semplice. Bisogna che ci sia la volontà comune, darsi da fare in difesa, e in attacco passarsi la palla. La volontà di fare le cose insieme credo sia la base di tutto”.

Il Chacho Rodriguez

“Non sono io che ho scelto Rodriguez, ma è lui che ha scelto noi, grazie al cielo. Sergio, secondo me, ha l’istinto di essere playmaker e la capacità di far divertire chi gioca con lui e chi viene a vederlo. Insieme ad altri che per fortuna abbiamo, come Shelvin Mack, perché pur con un talento diverso (perché è più un giocatore-difensore, più un giocatore-organizzatore), è anche lui un giocatore che ha il senso della squadra. E secondo me, per provare a far le cose bene, bisogna sempre partire da quello”.

L’importanza dei giocatori nazionali

“È fondamentale nella costruzione e nello sviluppo della squadra. Per questo motivo, a Milano, ho voluto due giocatori che mi piacevano molto e su cui voglio provare a investire come Riccardo Moraschini e Paul Biligha. Ma pensiamo anche in Russia, dove c’era sempre l’obbligo di far giocare due russi, pur rispettando le regole, sinceramente ho cercato di fare in modo di non creare due entità diverse tra campionato nazionale ed Eurolega. Credo che l’Olympiacos di Stavropoulos, per esempio, sia stato per anni da questo punto di vista un referente: un forte nucleo greco che dia identità alla squadra e in cui i tifosi si possano immedesimare”.

Qual è la “casa” di un uomo che ha vissuto in giro per il mondo?

Bologna, bene o male, è stata il punto di riferimento mio, della mia famiglia, della famiglia di mia moglie, e spero che ora Milano diventi la mia casa. Sono molto legato anche a Treviso, per il rapporto che ho avuto con la famiglia Benetton e perché lì è nato mio figlio”.

scritto da Daniele Fantini