Forte e compatta: Sergio Scariolo ha già preso in mano la Virtus Bologna

Mercoledì 22 settembre 2021

A dividere la prima partita ufficiale dal primo trofeo della stagione sono trascorsi soltanto quattro giorni. Nel mezzo, un infortunio grave al pezzo più pregiato del mercato estivo, Ekpe Udoh. E, poco prima, un ulteriore inconveniente che terrà l’altro innesto più intrigante, Nico Mannion, ai box per diverse settimane. Eppure, la Virtus sembra giocare assieme già da anni, con una quadratura sorprendente per il momento della stagione.

Il basket di settembre ha già emesso un verdetto chiaro: la distanza tra Bologna e il resto del campionato, perfettamente espressa da quel record intonso di 10-0 con cui ha sgretolato la concorrenza nei playoff-scudetto ribaltando anche il fattore campo in semifinale e finale, è ancora lì. Concreta, evidente. Anzi, forse perfino aumentata, considerando il netto ritardo di Milano rispetto a 12 mesi fa, quando era invece l’Olimpia a essere un passo (se non due o tre) davanti a tutti e la Virtus già costretta a rincorrere dopo il ko, dolorosissimo, nella finale di Supercoppa alla Segafredo Arena. Un ribaltamento di equilibri totale.

TATTICA, SPIRITO, GRUPPO: LA NUOVA VIRTUS FORGIATA DA SERGIO SCARIOLO

Coach Sergio Scariolo ci ha già messo mano. E anche questo è chiaro. Bravissimo nel riprendere la squadra lì dove l’aveva lasciata Sasha Djordjevic, a sua volta straordinario nel lavoro compiuto proprio nella parte conclusiva di un rapporto già deteriorato da tempo e destinato a interrompersi in estate. Vincere dopo tante sconfitte e poi andarsene è difficile. Forse anche quasi ingiusto. Ma Djordjevic l’ha fatto. Ma riportare una squadra a ri-vincere subito, alla prima uscita, con tutte le circostanze del caso, è altrettanto complesso. Chapeau, allora, per Don Sergio.

Perché sono passati sette anni dall’ultima volta in cui si è seduto su una panchina di club nella figura di head-coach. Lo ha fatto con la Nazionale spagnola, vero, ma le dinamiche sono molto differenti. Ma il “master in NBA”, se così possiamo chiamarlo, delle ultime tre stagioni nello staff di Nick Nurse ai Toronto Raptors sta già pagando dividendi. Come fatto, prima di lui, da Ettore Messina a Milano. Perché questa Virtus, a livello tattico (sistema, organizzazione difensiva), emotivo (intensità, fame, fisicità) e sociale (gruppo) assomiglia già tantissimo all’Olimpia da partenza-sprint della scorsa stagione. Non certo un caso, considerando il vissuto quasi identico dei due allenatori italiani più rappresentativi di questo periodo storico, finalmente l’uno contro l’altro a infiammare una delle rivalità più sentite tra grandi piazze del nostro basket.

ALESSANDRO PAJOLA: MVP E UOMO-SIMBOLO DEL SISTEMA

Alessandro PajolaMVP meritatissimo della competizione, riassume alla perfezione sul campo la mentalità del suo coach e quel passaggio di consegne tra vecchia e nuova Virtus. L’anno scorso, con Djordjevic, è esploso, facendo saltare un tappo ormai da tempo sull’orlo del collo della bottiglia. In Nazionale si è confermato, arrivando in gruppo da terzo play e scalando le gerarchie in una manciata di giorni, fino a ritagliarsi il posto da titolare. Stesso ruolo che sembra destinato a tenere anche in questa stagione bianconera. E non certo per “protezionismo” nei confronti di un giovane italiano. Ma perché è il campo stesso a parlare.

L’anno scorso quel posto era di Stefan Markovic, un equilibratore fondamentale per l’amalgama del sistema. Ora, se in queste Final Eight di Supercoppa il fantasma di Markovic non dovesse avervi mai fatto capolino nel cervello, tranquilli, è normale. Perché Pajola ha fatto altrettanto, anzi, addirittura meglio. Eh sì. Quando il tuo miglior difensore spara anche 14 punti con 7 assist in finale, sei sicuro di aver le spalle molto ben coperte. E Nico Mannion si può aspettare con tutta la calma e la pazienza del caso.

scritto da Daniele Fantini

Leggi l’articolo originale su Eurosport.com