Le squadre più forti di sempre: la Torino del trio azzurro Sacchetti-Brumatti-Caglieris

L’epoca d’oro della Torino targata Berloni degli anni ’80 affonda le radici nel decennio precedente, quando, nel 1974, si celebra la fusione tra l’Auxilium, sorta dagli sviluppi del movimento oratoriale lanciato da Don Gino Borgogno, e la Libertas Pallacanestro Asti. Affacciatasi in Serie A1 con il marchio Saclà, la società astigiana cerca un palasport all’altezza, individuato nel PalaRuffini, già utilizzato dall’Auxilium, militante in B: dopo un periodo di contrasti e conflitti, l’occasione arriva dalla creazione della Serie A2. La fusione tra i due club con Carlo Ercole alla presidenza e l’autoretrocessione di Asti in B, permette la nascita e lo sviluppo di una società forte, ben radicata sul territorio e con un parco giocatore già importante per la categoria.

L’arrivo di un grande sponsor come Martini&Rossi (Chinamartini), permette a Torino di trovare le forze economiche per assestarsi in maniera solida e continua in A1 a partire dal 1978, grazie alla seconda promozione dopo quella effimera del 1975, ma è soltanto con l’ingresso delle Cucine Berloni, concorrenti della Scavolini al tempo partner di Pesaro, che l’Auxilium può cominciare a tastare terreni di altissima quota per la prima volta nella storia.

L’entusiasmo del 1981-82

Nel 1981-82, Torino vive il primo grande momento di entusiasmo dopo la finale di Coppa Korac giocata (e persa) nel 1976 contro la corazzata slava della Jugoplastika Spalato. In panchina siede Gianni Asti, tornato l’anno precedente al posto di Sandro Gamba, dopo aver debuttato proprio all’Auxilium come capo-allenatore nel 1976-77, subentrando ad Augusto Giomo: la squadra non ha tanti centimetri e il roster non è particolarmente lungo (buon eufemismo…), ma gioca con una coesione, un carattere e una cattiveria tali da permetterle di centrare uno storico secondo posto in regular-season, proprio alle spalle della Scavolini Pesaro, in una singolarissima “battaglia delle cucine”.

Il trio azzurro: Brumatti, Sacchetti e Caglieris

L’anima della squadra è il trio italiano composto da Pino Brumatti, Meo Sacchetti e Carlo “Charly” Caglieris. Brumatti sbarca a Torino dopo dieci anni trascorsi a Milano, simbolo dell’Olimpia degli anni ’70: amatissimo dal pubblico per le sue grandissime qualità di combattente, Brumatti è un artista di un movimento che sta finendo sempre più nel dimenticatoio nel basket odierno, la penetrazione con arresto a un tempo per il tiro da centro area. Sacchetti e Caglieris, invece, sono due cavalli di ritorno, prodotti dei vivai e poi rientrati alla base dopo aver attraversato un periodo di maturazione altrove. Playmaker razzente formatosi nel vivaio della Crocetta, Caglieris passa alla Fortitudo Bologna prima e alla Virtus Bologna poi dopo la fusione tra Auxilium e Asti, un destino condiviso anche da Sacchetti, giocatore tuttofare di indubbie qualità tattiche, intellettive e caratteriali (poi riportate anche nella carriera da coach), che viene ceduto al Gira Bologna per fare cassa. Entrambi condivideranno anche lo stesso destino con la Nazionale, mettendosi al collo la medaglia d’oroagli Europei di Nantes (Francia) nel 1983.

A completare lo starting-five c’è la coppia di americani sotto canestro composta da Ernst Wansley e Bruce Campbell. Pivottone di 211 cm dal carattere placido proveniente da Anderson, nel South Carolina, Wansley comincia la carriera in Francia prima di trasferirsi in Italia, proprio a Torino: in carriera vanta anche 9 partite disputate con la nazionale statunitense, compresa la storica sconfitta per 81-80 sofferta contro l’Italia ai Mondiali di Manila del 1978, dove gli States chiudono quinti alle spalle degli azzurri. Campbell, soprannominato “Soup” per l’omonima marca di zuppe, è il top-scorer della squadra, ma viene costretto a salutare la compagnia anzitempo, fermato da un infortunio a un ginocchio: lo sostituisce Don Ford, biondo californiano tiratore, con un passato in NBA da comprimario tra Lakers e Cavs.

La semifinale scudetto contro Milano

Giocando una pallacanestro al di sopra delle aspettative, Torino chiude la regular-season al secondo posto, con un record di 22-10, alle spalle della capolista Pesaro (25-7) e davanti a Milano (21-11). Forte del bye al primo turno dei playoff, ai quarti incrocia Gorizia, seconda in Serie A2 e reduce dall’upset ai danni della Cagiva Varese al primo turno, battuta in rimonta con due successi in gara-2 e gara-3. Torino si impone alla bella grazie a due larghe vittorie casalinghe e affila le lame per la sfida contro Milano, anch’essa reduce dal successo in tre partite sulla Cidneo Brescia, prima classificata in A2. L’Olimpia, targata Billy, ha Dan Peterson in panchina e schiera (tra gli altri) Mike D’Antoni, Roberto Premier, Dino Meneghin, John Gianelli, Franco Boselli e Vittorio Gallinari: a livello di talento ed esperienza è superiore, e regola Torino in due partite, vincendo in casa 82-71 e chiudendo poi al PalaRuffini 66-65. L’Olimpia prosegue poi la cavalcata verso il titolo, superando con un altro 2-0 Pesaro in finale.

scritto da Daniele Fantini