L’Olimpia Milano del futuro: tre cose da migliorare per puntare al titolo

Una premessa è d’obbligo. Se quel tiro di Kevin Punter, su cui ha probabilmente più del 50% in stagione in quella particolare situazione di gioco, fosse entrato, saremmo qui a scrivere di tutt’altro. Così come se quel tiro pazzesco di Cory Higgins, che probabilmente avrebbe sbagliato in altre nove occasioni su dieci, fosse uscito. Ma, partendo dalla sconfitta in semifinale contro il Barcellona, partita top-standard della stagione, cerchiamo di capire come Milano potrebbe ritoccare la situazione attuale per potersi mettere realmente a caccia del grande obiettivo nel prossimo futuro. Fermo restando che (seconda premessa d’obbligo) questa Olimpia, costruita con il target di una qualificazione ai playoff, è andata ben oltre il traguardo mancando la finale per un canestro subìto a otto decimi dalla sirena. Quindi, in ordine di importanza, ecco un’analisi sul come e sul dove agire sul roster in estate.

1) Un centro con fisico e punti nelle mani

L’impronta prettamente difensiva con cui coach Messina ha costruito la squadra in estate ha portato a scelte ben precise nel back-court, con un assetto leggero e mobile per poter aggredire sempre il pallone, ruotare rapidamente dal lato debole e limitare gli svantaggi sui cambi. Il sistema di Milano, imbastito sull’atipicità della coppia Hines-LeDay, è stato per larghi tratti della stagione tra i più efficaci e solidi d’Europa, forgiando tante vittorie di prestigio in regular-season. Il lato oscuro della medaglia è emerso, com’è normale che sia, contro avversarie capaci di appoggiarsi a un centro di peso, altezza e tecnica in vernice ma, soprattutto, nella metacampo offensiva, dove l’Olimpia ha sempre sviluppato un basket molto perimetrale, più basato sulle qualità dei suoi esterni che sulla reale capacità di cavalcare una doppia dimensione con un gioco interno affidabile e/o attaccare i cambi difensivi vicino al ferro.

La figura di un centro con fisico e punti nelle mani completerebbe l’arsenale offensivo colmando la lacuna più evidente nel corso dell’intera stagione, ma, di contro, rappresenterebbe anche il cambiamento e la scelta più complessa da operare, perché andrebbe a scalfire un equilibrio difensivo perfetto per il basket moderno, quello di una squadra mobile, reattiva, pressante e capace di cambiare con efficacia su ogni situazione di pick’n’roll.

2) Un’ala grande tecnica con tiro da fuori

L’Olimpia ha chiuso la regular-season come seconda miglior squadra per percentuale nel tiro da tre punti (41.57%, dietro al solo Zalgiris Kaunas) ma soltanto dodicesima per numero di triple tentate (22.85 a gara). Tradotto, Milano è stata un’eccellenza a livello europeo per costruzione e scelta dei tiri pesanti, un plus incredibile per i ritmi e le spaziature del basket moderno. L’Olimpia ha trovato spesso vantaggi con il quintetto leggero, traslando Vlado Micov o Gigi Datome nel ruolo di 4 tattico per allargare il campo aumentando la potenza di fuoco sul perimetro rischiando, però, di andare a soffrire a livello fisico in difesa e a rimbalzo, contro avversarie più pesanti e stazzate.

Nonostante la stagione esplosiva di Zach LeDay, archiviata con un favoloso 49.2% dall’arco in regular-season ma su un numero relativamente basso di tentativi (30/61), l’aggiunta di un vero 4-stretch potrebbe aiutare a migliorare lo spacing offensivo senza poi subire contraccolpi sul piano fisico nella metacampo opposta. Non è casuale che l’appannamento post-infortunio dello stesso LeDay abbia influito in maniera pesante sul rendimento generale della squadra, senza una vera alternativa di qualità in quel ruolo.

3) Un back-up di qualità sul perimetro

Con la coppia Delaney-Rodriguez e l’esplosione di Kevin Punter e Shavon Shields, Milano ha una batteria perimetrale di grande spessore, consistenza, affiatamento, chimica e completezza generale di gioco. Forse, però, per il vero salto definitivo manca ancora una piccola aggiunta, come emerso anche dalla gestione poco lucida del finale contro il Barcellona. Un qualcosa che potrebbe toccare sia lo slot di ala piccola, per appesantire il roster alle spalle di Shields mentre si va verso la parte (giocoforza) calante delle carriere di Vlado Micov (36 anni appena compiuti) e Gigi Datome (34 a novembre), ma anche quello di 1-2. Insomma, una combo-guard dotata di intelligenza e carattere per aiutare in regia e gestione, potendo anche alternarsi con Delaney nel ruolo di guardia realizzatrice, ma anche fisico e capacità difensive per inserirsi in un sistema che mette tanta pressione sul perimetro e sul pallone. Non è un caso, anche qui, che nelle ultime settimane sia emerso il profilo di Thomas Walkup, giocatore con caratteristiche potenzialmente perfette.

scritto da Daniele Fantini