Nico Mannion is back! Prime impressioni sulla bolla della G-League

Martedì 16 febbraio 2021

In questo breve periodo di pausa post Coppa Italia ho approfittato per togliermi una curiosità che avevo da giorni: dare un’occhiata a Nico Mannion, ora che anche la G-League ha riaperto i battenti “in bolla”. Non seguendo il college basket, gli ultimi – e anche unici – ricordi che avevo erano quelli della sua fugace esperienza con la nazionale azzurra, momenti che avevano fatto intravedere il potenziale notevole del ragazzo nonostante un substrato generale ancora molto acerbo.

Stuzzicato da un video di highlights intravisto sui social, ho recuperato la partita giocata dai suoi Santa Cruz Warriors contro i Delaware Blue Coats, la seconda del torneo, in cui ha sparato 22 punti, occasione buona per dare un’occhiata agli stessi Blue Coats, la squadra satellite dei “miei” Philadelphia 76ers.

A due anni di distanza colpisce l’impatto fisico. Nico non è più quel teenager magrolino dei tempi azzurri, ma si è fatto (o si sta facendo) uomo. È cresciuto, ha aumentato la massa muscolare e ora, con vent’anni ancora da compiere il prossimo mese, può già gestire un vero corpo da professionista. Ball-handling e movenze sono sorprendenti per un ragazzo della sua età se confrontato con i pari italiani. La differenza di body-language tra chi ha imparato i fondamentali in America e chi in Europa è lampante. Noi possiamo arrivare magari a pareggiarla in un secondo momento della carriera, più matura, quando il lavoro individuale arriva ad avere la meglio su quello calato nell’organizzazione di squadra, ma loro sono sempre molto, molto più precoci. Fisicamente mi sembra pronto, come confermato anche da quelle due-tre schiacciate che gli ho visto fare chiudendo le penetrazioni al ferro, nel deserto dell’area vuota una volta saltato il proprio marcatore diretto. Bene, ma tecnicamente/tatticamente?

Beh, il contesto è quello che è. Incuriosito dalle parole di Luca Banchi (oggi assistant-coach ai Long Island Nets) e dall’ottimo lavoro che coach Schiller sta facendo allo Zalgiris quest’anno arrivando proprio da quel mondo, per qualche minuto mi sono illuso che la G-League potesse finalmente proporre un basket serio e organizzato, ma è stata una sensazione fugace, figlia soprattutto di attacchi inizialmente contratti. Col trascorrere dei minuti si è aperta una sparatoria da tre punti figlia di situazioni create quasi esclusivamente da pick’n’roll centrale o pick’n’roll da hand-off laterale. Ovviamente zero mid-range e altrettanto zero palla interna o post-up. Ma, in un certo senso, è anche il bello di questo torneo, che propone situazioni di gioco semplici, facilmente intuibili e replicabili anche in una squadra minors. Se siete allenatori di basso livello alla ricerca di soluzioni nuove da sperimentare, la G-League, come la Summer League, può fornirvi molti consigli interessanti.

All’interno di questo marasma, Nico si è mosso ad alti e bassi. L’ho visto attaccare forte dal palleggio con un buon primo passo e capacità di arrivare al ferro con elasticità e potenza ma anche visione per pescare i tiratori negli angoli, con guizzi di talento e ottime letture alternati a scelte di scarsa qualità, tra forzature, palle perse e incapacità di prevedere con anticipo i movimenti della difesa o di mantenere il vantaggio conquistato sul blocco. Per un giocatore della sua età e della sua (in)esperienza è del tutto normale. Anzi, direi che sia la prassi. Ma credo sia altrettanto evidente che la lunga inattività non gli abbia giovato. Vediamo se, riprendendo ritmo, le sue prestazioni miglioreranno nella bolla.

Per il resto è stato curioso ritrovare certi personaggi più o meno noti e cari. Jeremy Lin, oggi 32enne, è l’ombra di quel giocatore che conquistò New York ai tempi della Linsanity, frenato dallo sgretolamento di un primo passo con cui ora fatica a battere avversari che un giorno si sarebbe divorato nel sonno. Axel Toupane, visto a lungo nelle ultime stagioni in Eurolega, ha scelto di giocarsi lì le proprie carte, cercando di trasformarsi in un tiratore da tre dagli angoli. Curioso, per un giocatore che aveva sempre fatto di post-up e tagli la sua forza in Europa. Su sponda Delaware occhio a Paul Reed, il two-way contract dei Sixers: bella struttura fisica, atletico, saltatore, forte a rimbalzo, con mano per aprire il campo tirando da fuori. Perché in area, con tutta onestà, non l’ho mai visto andare. Ma è stata una peculiarità, se ormai vogliamo chiamarla così, piuttosto generalizzata.

scritto da Daniele Fantini