Paul Pierce, il cuore battente dei Boston Celtics degli anni 2000

Segnati questo. Io sono Shaquille O’Neal, e Paul Pierce è The Truth. Sapevo che era bravo, ma non mi aspettavo fosse così bravo. Paul Pierce è The Truth.

Shaquille O’Neal

Paul Pierce era The TruthLa Verità. E bastano soltanto queste due parole per intuire che razza di giocatore fosse. The Truth non era un soprannome artefatto, costruito, di quelli forgiati all’high-school tra il gruppo di amici perché, per sponsorizzare una borsa di studio al college, fa sempre figo avere un nickname altisonante. The Truth era un soprannome di quelli veri, autentici, scritti a pennarello indelebile sul retro della canotta non solo da un grandissimo avversario, ma da uno dei più grandi giocatori di sempre. Shaquille O’Neal. Perché quella sera del 13 marzo 2001, al suo terzo anno in NBA, Paul Pierce aveva giocato talmente bene contro i Los Angeles Lakers da far cascare la mandibola anche allo stesso Shaq: “Segnati questo – disse afferrando un giornalista del Boston Herald per la collottola -. Io sono Shaquille O’Neal, e Paul Pierce è The Truth. Sapevo che era bravo, ma non mi aspettavo fosse così bravo. Paul Pierce è The Truth”.

Paul Pierce in maglia Boston Celtics in una foto del 2013.
Paul Pierce in maglia Boston Celtics in una foto del 2013.

Il corpo come arma: un Maestro del mid-range e dello step-back

Quando la gente inizia a fare paragoni con star del passato, vogliono che tu diventi come quel giocatore. Io invece voglio costruire la mia immagine, il mio stile, il mio tipo di gioco personale.

Paul Pierce

Sono stati pochi, anzi, pochissimi i giocatori capaci di unire tecnica, intelligenza e fisico come Paul Pierce. Con i suoi 201 centimetri per 107 kg, Pierce era la perfetta incarnazione dell’ala piccola fisica della pallacanestro giocata a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, un giocatore di peso che, con una velocità di piedi eccezionale per la stazza, sapeva utilizzare tecnica, posizionamento e astuzia per portare il difensore esattamente nel punto più vulnerabile. In un’epoca in cui il mid-range si cavalcava ancora come punto cardine dei sistemi offensivi e area più sfruttata dalle superstar perimetrali, Pierce era un Maestro.

Paul Pierce tenta un tiro step-back dalla media distanza contro LeBron James in una partita tra Boston Celtics e Miami Heat del 2013.
Paul Pierce tenta un tiro step-back dalla media distanza contro LeBron James in una partita tra Boston Celtics e Miami Heat del 2013.

Che partisse con un ricezione statica in post-medio o dal palleggio in punta, era ugualmente efficace grazie alla capacità di usare il corpo come un artista. Nel primo caso, bastava una finta di tiro per sbilanciare il difensore seguita da un paio di palleggi sul lato opposto per costruire un tiro in step-back dalla media distanza. Nel secondo, un crossover fatto ad altezza caviglie, una finta di penetrazione seguita da un altro step-back per un jumper dal gomito. Sul lato destro era letale. E non si poteva nemmeno pensare di concedergli meno spazio, perché… BAM! Era pronto a lasciarvi sul posto e arrivare al ferro, resistendo, con quella corazza, agli aiuti di tutti i lunghi.

Si dice che Pierce abbia iniziato quel percorso di affinamento dello step-back che ha poi portato ad avere, al giorno d’oggi, le firme d’autore di James Harden o Luka Doncic. È possibile. Ma una cosa era certa. Quando Pierce rientrava sul quel dannato gomito destro, non c’era difesa che potesse tenere. Nonostante tutti sapessero che avrebbe fatto quel maledetto movimento, Paul Pierce scriveva in maniera automatica due punti sul tabellone.

Boston-Los Angeles: una vita rivista nelle Finals

Non credo che Kobe Bryant sia il migliore. Sono io il giocatore più forte. C’è una linea sottile che separa la fiducia in se stessa dalla supponenza. Io non la supero, ma ho molta fiducia in me stesso.

Paul Pierce

Decima scelta al draft del 1998, Pierce ha giocato 15 anni con i Boston Celtics segnando oltre 20.000 punti, cifra che gli ha permesso di entrare in un ristrettissimo club con Larry Bird e John Havlicek. Singolare per un ragazzo cresciuto a Inglewood, nei dintorni di Los Angeles, proprio negli anni in cui la rivalità tra Lakers e Celtics sprizzava scintille. Eppure, Pierce ha sposato quella maglia e quella causa con devozione e dedizione assoluta, ritrovandosi, per scherzo del destino, a giocare due Finals NBA proprio contro i gialloviola.

Paul Pierce e Kobe Bryant si affrontano durante le NBA Finals 2008 tra Boston Celtics e Los Angeles Lakers.
Paul Pierce e Kobe Bryant si affrontano durante le NBA Finals 2008 tra Boston Celtics e Los Angeles Lakers.

La prima, nel 2008, gli mise al dito il primo e unico anello della sua carriera assieme ai premi di MVP della stagione delle Finals, un trionfo costruito grazie a quella gigantesca operazione di restyling che portò i Boston Celtics a rinverdire l’epoca dei Big Three con gli innesti di Kevin Garnett Ray Allen al suo fianco. Quella squadra, ancora oggi capace del più grande miglioramento mai registrato in una singola stagione con il passaggio da 24 a 66 vittorie(+42!), risvegliava il fascino degli anni della grande Boston di Larry Bird, Kevin McHale e Robert Parish, e funse, ancor più dei San Antonio Spurs, come modello manageriale per la costruzione dei roster del periodo a cavallo tra le prime due decadi degli anni 2000.

Nella seconda (2009), i Celtics sprecarono un vantaggio di 3-2 nella serie e di 13 punti in gara-7: il destino disegnò la rivincita dei Los Angeles Lakers e di Kobe Bryant, sua nemesi per un breve periodo di tempo, quando anche il Black Mamba faticava ad affondare i denti nel collo della Verità.

scritto da Daniele Fantini