Road to Vitoria • Day 3

Miranda de Ebro, 18 maggio 2019

Piove. Per il terzo giorno di fila. Ormai non penso nemmeno più che sia strano. Miranda mi incuriosisce il giusto. Le darò un’occhiata domattina. Questa l’ho passata a scrivere. Avevo qualcosa in arretrato. A 80 km da qui c’è Burgos, la capitale della Castiglia. Nel mezzo, poco altro, per non dire nulla. Per scaramanzia, avevo chiesto un accredito per Burgos-Murcia: non è capitata la migliore delle giornate (11a contro 15a…), ma l’andazzo mi spinge comunque a dare un’occhiata per la prima volta, dal vivo, alla ACB. Che è pur sempre il campionato nazionale più competitivo d’Europa.

Il pranzo è stato faticoso. Tra English breakfast con salsicce e pancetta (non ho saputo resistere) chorizo, jamon (sempre squisito, per carità) e lechazo, che ho scoperto essere agnello da latte soltanto quando me lo sono visto nel piatto, inizio ad avere una certa repulsione per la carne. Ho avuto la fortuna di incontrare un ragazzo lituano, qui per le F4, e tra Zalgiris, Jasikevicius, Kuzminskas, Gudaitis, Kalnietis, Petravicius e Maciulis abbiamo rispolverato tutte le connection possibili con Milano. Per il resto, qui, l’inglese è aberrante.

Da Miranda de Ebro a Burgos sono poco più di 80 km da percorrere sull’Autopista del Norte. La strada scorre lenta sugli altopiani, verdissimi per la pioggia. Ai lati, destra e sinistra, non c’è nulla. Solo prati, rocce, campi e colline. Sulla testa, nuvole grigie. Non so, mi ricorda la Scozia.

La Cattedrale gotica di Santa Maria, simbolo per eccellenza della città di Burgos.

Burgos, in realtà, è sorprendente, superiore alle aspettative. Una grossa città del nord, molto più spagnoleggiante di Vitoria ma con un taglio più europeo. Da non perdere sono la Cattedrale di Santa Maria e il castello. La cattedrale, in stile gotico, è immensa, e salta fuori quasi dal nulla, appena varcato l’Arco de Santa Maria. Del vecchio fortilizio, costruito nel 1100 per raccogliere e difendere le popolazioni della mesa, è rimasto poco, ma dall’alto del tratto di mura meglio conservato si gode una splendida vista della città, con la cattedrale proprio lì sotto.

Burgos vista dalle mura del castello: le guglie della cattederale sono ben visibili.

Il palazzetto del Club Baloncesto Miraflores, nome societario della squadra di Burgos, sorge di fianco allo stadio, ora in piena ristrutturazione. L’arena da calcio, casa del Burgos Club de Fútbol, ora in Segunda B (terza serie) ospita 12.500 persone. Il Coliseum Burgos, invece, ne contiene quasi 9.500. E già si capisce quale sia la vera passione sportiva della città. Il palazzo, di forma circolare, è stato ricostruito sulla vecchia Plaza de Toros e inaugurato nel 2015.

Vuoi che sia l’ultima partita casalinga della stagione, vuoi che Burgos si giochi l’accesso all’Europa con una vittoria, ma all’interno è tutto esaurito. E la curva, in fronte alla tribuna stampa, è spettacolare. Prima della palla a due, tutto il palazzo intona l’inno della squadra, per 3-4 minuti di esecuzione corale, con le parole che passano in sovraimpressione sul tabellone. E non smetteranno di cantare fino alla fine, coinvolgendo le tribune e senza mai essere offensivi. Anzi, con applauso e saluto finale ai tifosi ospiti arrivati da Murcia.

Con l’inglese, qui, andiamo un po’ meglio, quantomeno all’ingresso e allo shop, dove la terza maglia della squadra, nera con la silhouette delle guglie delle cattedrale che si stagliano su un cielo arcobaleno, è troppo curiosa per non finire nella mia collezione. Di fianco a me, in tribuna, c’è Radio Marca: speaker e spalla femminile. La ragazza mastica un po’ di inglese, lo speaker, sui 60, soltanto spagnolo e francese. Ma quando finalmente capisce che sono italiano, cambia tutto: “Entendemos! Yo hablo español, tu habla italiano. Entendemos! Entendemos!”. Le stesse parole che mi aveva detto un cameriere di Vitoria. Ma, alla fine, “entendemos” il giusto.

Il Coliseum Burgos. In fronte, sullo sfondo, la curva colorata di biancoblu.

Pur essendo nella parte bassa della classifica, Burgos e Murcia non sono due brutte squadre, con diversi nomi noti. Burgos ha Bruno Fitipaldo (l’idolo locale), Augusto Lima, Paul Zipser (tornato dall’NBA grosso il doppio di quanto fosse prima), Vlatko Cancar, Dominique Sutton (squalificato per 4 giornate per aver sferrato un pugno nella partita precedente, ma la cosa non mi meraviglia) e Goran Huskic, che gli amici di Radio Marca mi dicono essere la star della squadra, anche se questa, probabilmente, non è stata la sua serata. Chi più mi colpisce, però, sono gli spagnoli. Vitor Benite, Alex Barrera (un gran bel tiratore), e Alex Lopez.

Dall’altra parte, Dino Radoncic (troppo talento per una testa che non è ancora settata sulla frequenza giusta), Damjan Rudez (tornato dalla NBA capace di fare soltanto quello per cui l’avevano chiamato di là dall’Oceano, tirare da tre punti), Luka Mitrovic, Brad Oleson (ancora in campo a 36 anni ma, considerando il minutaggio e soprattutto la postura, con la schiena e qualche articolazione a pezzi), Emanuel Cate e Askia Booker, giocatore su cui avevo già messo gli occhi in una qualche Summer League passata (giocando a Phoenix avevo capito, sbagliando, che fosse il fratello di Devin Booker e figlio di Melvin).

La partita scorre piacevole: Fitipaldo segna, il supporting-cast spagnolo anche, e Burgos vince 84-73 oscurando i 24 punti di Askia Booker, che conferma di essere un “canestraro” d’eccellenza, con istinti offensivi purissimi (visto segnare una tripla dal palleggio in transizione saltando di lato e all’indietro per evitare un recupero difensivo) ma con un fisico troppo esile e una capacità di innescare i compagni troppo scarsa per poter essere performante in una squadra di livello superiore.

Nell’intervallo, lo speaker di Radio Marca mi strattona il braccio. “Esclusiva! Vlatko Cancar va a jugar en la NBA. Denver tienes derechos. Esclusiva! Vamos a decirlo ahora!”. In effetti, i Nuggets l’hanno scelto con la 49 al draft del 2017, poco prima che vincesse l’oro agli Europei con la Slovenia. Visto dal vivo, mah…!

scritto da Daniele Fantini