Tornike Shengelia: “La NBA è bella, ma non se vuoi giocare. Ginobili e mio papà sono i miei modelli”

Toko Shengelia ha sempre acceso la mia immaginazione. Ho sempre avuto un debole per le ali all-around, capaci di fare potenzialmente qualsiasi cosa sul parquet, tra punti, rimbalzi, assist, movimenti in post-basso e canestro da fuori.

Ma mi ha anche sempre dato l’impressione di essere un super-professionista, concentrato, combattivo, iper-serio. Raramente l’ho visto sorridere sul parquet. Ho sempre avuto negli occhi l’immagine di un volto tirato, di uno sguardo attento. E il contatto di persona conferma le mie impressioni.

Shengelia parla con voce e tono bassi, senza mai esporsi troppo o lasciarsi andare alle emozioni, le mani intrecciate sulle ginocchia a indicare una qual certa tensione di fronte alla telecamera.

Vitoria, un posto speciale per il basket

“Che cosa rende Vitoria un posto così speciale per il basket? Bella domanda. Credo sia la città. Non è un posto ricco di distrazioni, ma un posto che ti costringe a focalizzarti sul basket. È una città piccola, piove molto spesso, e forse non ti dà la possibilità di distrarti molto dal giocare a basket. E giocare qui è bellissimo. Ogni partita di fronte ai nostri tifosi è uno spettacolo. Non sono soltanto appassionati di basket, ma sono anche grandi conoscitori del gioco. Te ne rendi conto quando percepisci le loro reazioni ed emozioni durante certe fasi della partita. È un pubblico che capisce il basket”.

La NBA è bellissima… ma non se vuoi giocare

“Giocare in NBA è spesso una questione di timing: devi essere al posto giusto nel momento giusto. Brooklyn era una squadra fortissima, avevamo tante superstar e futuri membri della Hall of Fame, ma non era il posto giusto per un giocatore giovane, perché l’obiettivo in quel momento era vincere il titolo. È stato bellissimo poter essere a contatto con grandissimi giocatori come Kevin Garnett, Deron Williams, Joe Johnson, Brook Lopez. Erano le star che vedevo su YouTube o in TV, e in quel momento condividevo lo stesso spogliatoio con loro. Il problema sorge quando anche tu, però, senti il bisogno di giocare. E ti rendi conto di essere in un ambiente sbilanciato, in cui non puoi fare le cose che ti piacciono veramente. Questo è il motivo per cui ho deciso di lasciare la NBA”.

“Tornerei in NBA in futuro? Io voglio giocare. Se dovesse arrivarmi un’offerta dalla NBA da una squadra in cui potrei giocare, allora tornerei. Non voglio tornare lì soltanto per dire “Oh, che bello, sono in NBA”, ma poi trascorrere le partite seduto in panchina. Voglio giocare minuti veri, continuare a fare quello che mi piace fare e aiutare le mie squadre a vincere”.

I modelli: Manu Ginobili… e papà

“Se dovessi scegliere un giocatore che mi piaceva da ragazzino, direi Manu Ginobili. Manu era il mio preferito, ma cercavo comunque di guardare tutti i giocatori più forti al mondo: Magic Johnson, Toni Kukoc, Michael Jordan, Scottie Pippen, provando a carpire le cose migliori da ognuno di loro. Un modello tra i giocatori della Georgia? Guardavo giocare mio papà, era un grande giocatore di basket. Ho imparato da lui i miei movimenti in post-basso”.

scritto da Daniele Fantini