AX Armani Exchange Milano-CSKA Mosca 87-91 OT

Mediolanum Forum di Assago, Milano • Mercoledì 30 dicembre 2020

Avere l’occasione di vedere partite come Olimpia-CSKA Mosca una sola volta all’anno, credo sia un delitto nei confronti del basket e di chiunque ami il basket. Una di quelle cose che fomenta il mio desiderio poco nascosto che, un bel giorno, Eurolega faccia da sé, staccandosi da tutto il resto e regalandoci una stagione da 70-80 partite come in NBA. Certo, non aver potuto vedere Will Clyburn è stato un peccato, così come aver gustato Toko Shengelia soltanto per una manciata di minuti. Ma tutto il resto, tra spaziature, sistema difensivo, Mike James, Nikola Milutinov e i colpi da ex di Daniel Hackett è stato uno spettacolo.

Come ho già scritto da qualche altra parte, il basket è speciale perché si può giocare in tanti modi. E non ce n’è uno migliore rispetto agli altri. Ci sono soltanto modi migliori per sfruttare le proprie caratteristiche di punta. Il CSKA ha dominato a rimbalzo 60-33, raccogliendone 30 offensivi, 16 dei quali del solo Milutinov, record di squadra e individuale nella storia dell’Eurolega. Non avendo visto la partita, di fronte a questi numeri, è facile pensare a un massacro. Un -30, ad andar bene. Invece no, Milano-CSKA è finita in overtime, anzi, l’Olimpia avrebbe anche potuto mettersela in tasca se la pressione o l’emozione di pugnalare la sua ex squadra non avesse mandato stortissimo sul primo ferro quel tiro libero di Kyle Hines a quattro decimi dalla sirena. Si può dominare con i lunghi, certo, raccogliere tonnellate di extra-possessi a rimbalzo offensivo, certo, ma non è detto che, dall’altra parte del campo, il gioco poi valga la candela.

Questa sera, invece, i lunghi del CSKA hanno funzionato, eccome. Senza troppi giri di parole, in area è stato un massacro. Finora non ho mai visto il CSKA particolarmente presente sotto i tabelloni, cosa particolarmente strana considerando il fatto che, con gli innesti di Milutinov e Shengelia hanno, ha, a mio parere, il front-court più forte d’Europa, ma oggi mi sono dovuto rimangiare la lingua. Il CSKA ha giocato tutto il primo tempo dando palla interna e ha poi spazzato i tabelloni trasformando in secondi possessi riutilizzabili la valanga di tiri sbagliati. E per quanto Kyle Hines sia pur sempre Kyle Hines, di fronte a una squadra che gli manda contro Milutinov, Voigtmann, Shengelia e Bolomboy a folate continue, è comprensibile che possa far fatica.

Il saluto tra Shavon Shields e Toko Shengelia prima della partita tra AX Armani Exchange Milano e CSKA Mosca.

Mike James ha giocato una partita straordinaria. E dico, anche questo, mangiandomi la lingua. È stato straordinario di fronte a una difesa straordinaria, perché era impossibile chiedere di più alla staffetta Delaney-Shields e agli aiuti continui e precisi dei lunghi. Milano ha difeso su James in maniera magistrale, impeccabile, forse concentrandosi fin troppo sulle sue evoluzioni dal palleggio a costo di ritrovarsi con la coperta corta in altre situazioni di gioco (a rimbalzo e sui tiratori sul lato debole, per esempio). Eppure, nonostante la museruola messa per gran parte del primo tempo, è riuscito comunque a cavar fuori 20 punti e 11 assist. Certo, ci sono stati tiri quei suoi tiri pazzi da nove metri, uniti a forzature e palle perse scagliate in tribuna, ma anche azioni individuabili pregevoli e assist smazzati con visione di gioco spettacolare. Quei ribaltamenti traccianti che fa, dal palleggio, a una mano, per imbeccare i tiratori sul lato opposto, sono gemme meravigliose se siete un tiratore pronto, appostato con i piedi sull’arco. James sarà sempre un giocatore che farà parlare e discutere, soprattutto a Milano, ma i progressi di ball-handling, letture e di controllo del gioco mi sembrano notevoli rispetto all’annata di Pianigiani. Anche se, attenzione, non lo riscambierei con Rodriguez per nulla al mondo. La difesa no. Quella è sempre uguale. In sostanza, ci pensano gli altri.

Chi alla difesa pensa parecchio è Daniel Hackett. E non solo a quella. Con Hackett al suo fianco, James ha trovato la quadratura perfetta. Un giocatore concreto, tosto, solido, esperto che possa fungere da contraltare ai suoi momenti di follia. Non è un caso che, nel finale, sia stato lui a gestire molti possessi da playmaker, guadagnandosi gite in lunetta. E non è un caso che sia stato sempre lui, in overtime, a sparare quelle due triple consecutive che hanno mandato definitivamente Milano al tappeto. Silente, ma concreto e letale. Come ogni grande ex che si rispetti.

Così come silente e altrettanto letale è stato anche Johannes Voigtmann, quel classico giocatore che, a prima vista, buttereste sul fondo della panchina ma che, nonostante quell’aria costantemente pallida, stanca ed emaciata, è capace di sfibrarsi in un lavoro oscuro tremendo. Le sue spaziature sul perimetro sono perfette. Seguirlo nei suoi movimenti in pop o di posizionamento sul lato debole, vale un clinic off-the-ball da cinque stelle. Il tutto condito da quanto fatto in difesa, perché tra lui e Milutinov, questa sera, nell’area del CSKA hanno alzato un muro.

Di Toko Shengelia, come ho già detto, rimpiango quei cinque falli spesi in una manciata di minuti, soltanto 15, che hanno tolto dal campo per lungo tempo uno dei miei giocatori preferiti in assoluto. Eppure, ho visto sprazzi del miglior Shengelia della stagione. Attivo a rimbalzo, volitivo in attacco, desideroso di ricevere quel pallone in post-medio e mettersi poi al lavoro, spalle a canestro, con quei suoi movimenti sul piede perno di alta scuola. Gli ho visto segnare almeno tre canestri di fattura spaziale, di pura tecnica e movimenti di piedi, roba che, purtroppo, oggi si insegna sempre meno a vantaggio di atletismo e verticalità. Eppure, se fatti come Dio comanda, quei movimenti ballerini sono ancora una delle cose più efficaci possibili sul parquet.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Nikola Milutinov che apre AX Armani Exchange Milano-CSKA Mosca.

A Milano servirebbe invece erigere presto una statua a Shavon Shields. Immaginavo che Messina potesse usarlo come specialista a lungo su James, e il suo lavoro di tecnica difensiva 1vs1 è stato fenomenale. James ha segnato i suoi punti e servito i suoi assist soltanto perché capace di superare, a tratti, il livello di una difesa estremamente eccellente. Non so dire, davvero, chi abbia fatto meglio. Ma il bello del gioco è anche questo.

Questa sera anche Zach LeDay era carico. Particolarmente carico. Anzi, quella radio sempre accesa dalla panchina ha sparato, in maniera continuata, a frequenze e decibel impensabili. Avere un giocatore così concentrato e carico sul pezzo fa soltanto piacere. Non soltanto perché è ormai a tutti gli effetti una scommessa vinta, ma anche perché sembra ormai pronto per essere un tassello importante su cui continuare a costruire in futuro. Il ragazzo ha voglia e fame di migliorare, di diventare importante. Ed è consapevole che il processo che sta seguendo (da riserva all’Olympiacos, a titolare allo Zalgiris fino a uomo-chiave per Milano) è il riflesso di quanto di buono costruito finora. Questa sera ne ha messi 21 con 12/12 ai liberi. Trovatemi un altro lungo che tira il 100% su quel volume di liberi tentati. Senza scomodare Dirk Nowitzki.

Alla fine, un po’ di rammarico resta. Resta quella strana sensazione amara che, se anche un solo, singolo pallone a rimbalzo offensivo avesse preso una strada diversa, ora saremmo qui a scrivere una pagina con toni e colori radicalmente opposti. Pazienza. On to the next. Avanti il prossimo. All’anno prossimo.

scritto da Daniele Fantini