AX Armani Exchange Milano-Carpegna Prosciutto Pesaro 97-93

Mediolanum Forum di Assago (Mi) • Domenica 3 gennaio 2021

Un minuto alla fine. Milano sta rimettendo faticosamente la testa avanti con due tiri liberi di Zach LeDay. Dalla parte opposta del campo, Sergio Rodriguez si avvicina alla panchina e chiede a Messina: “Torniamo a zona o stiamo a uomo?”. Messina lo guarda, tra il sorpreso e il dubbioso. Il Chacho insiste. “Zona, vero?”. E con quella seconda occhiata sembra aggiungere: “Non so se hai visto, ma questa sera a uomo non tengo proprio nessuno. Adesso facciamo una zona, poi, dall’altra parte, ci penso io”. E zona sia.

Contro la zona, Filloy sbaglia una tripla. Rimbalzo di Shields e palla in mano al Chacho. Palleggio, palleggio, palleggio sulla pressione di Justin Robinson, che gli resta benissimo davanti, come già fatto per gran parte della partita. Per tanti secondi non succede nulla. Poi, un blocco di Datome forza un cambio difensivo, forse accettato con troppa sufficienza da Pesaro. Filipovity rimane sulle orme del Chacho. Sa già, come tutta Pesaro, che ora si spazierà, prenderà ritmo dal palleggio e gli sparerà una tripla in faccia. Lo sa già, ma non può fare nulla per evitarlo. Palleggio, palleggio, tiro, tripla, canestro e vittoria. Ancora una volta, ha avuto ragione lui.

Pesaro mi ha impressionato. Ha giocato una partita eccellente per trenta minuti, è stata in vantaggio di 13 punti e ha avuto i tiri per vincerla. Ma non l’ha fatto. C’è una grossa differenza, anzi, enorme, nel giocare contro una squadra “normale”, com’è stata la Milano del primo tempo, dedicata totalmente alla gestione e alla sperimentazione delle rotazioni, e una squadra “che difende”, come la Milano della ripresa. In quel momento emergono i valori reali dei giocatori, le loro capacità di giocare a un altro ritmo, a un’altra velocità, sotto pressione. Nel nostro campionato, sono pochi, pochissimi, quelli capaci di questo salto di qualità. Pesaro ne ha avuto solo uno, non a caso uno che, di queste situazioni, ne ha già vissute a miliardi. Carlos Delfino. Da solo, dal nulla, ha costruito quel controbreak quando l’Olimpia ha pareggiato alla metà del secondo periodo ripartendo dal -10 dell’intervallo. Ma non ha potuto ripetersi per arginare la seconda ondata.

Rispetto al gruppo sconquassato dello scorso anno, questa Pesaro è sorprendentemente buona, meritevole di un posto-playoff. La mano di Jasmin Repesa si vede in maniera netta nell’organizzazione di squadra, nelle spaziature offensive, nel coordinamento della difesa, nell’ottima preparazione della partita in settimana. La voce anche. Quel rimbombo continuo che invade il Forum deserto accompagnando senza sosta ogni azione se la gioca soltanto (e probabilmente lo batte anche) con quello di Pablo Laso. E, a tratti, oscura anche la cantilena continua di Zach LeDay sulla panchina opposta.

Sergio Rodriguez effettua una rimessa da fondo nella partita tra AX Armani Exchange Milano e Carpegna Prosciutto Pesaro.

Anche oggi Zach è stato eccellente, se non eccezionale. In attacco ha fatto di tutto, compreso quel momento a inizio ripresa quando ha deciso di averne avuto abbastanza delle zigzagate di Justin Robinson e dei balzi di Filipovity e, da solo, si è messo a macinare canestri per cancellare, in un amen, quel -10 dell’intervallo lungo. Go-to-guy per eccellenza: palla tra le sue mani, post-basso, e gancetti (o tiri stranissimi a una mano) in serie.

Anche Gigi Datome è stato impressionante in quei dieci minuti di onnipotenza cestistica in cui, assieme a Michael Roll, ha riversato di tutto nel canestro pesarese. Quelle quattro triple consecutive di inizio quarto periodo sono state determinanti per la rimonta e il risultato, ma sorprendenti il giusto, perché prese con un ritmo, una fiducia e una facilità tali che, ancor prima del rilascio, si poteva intuire che sarebbero entrate. Un tiratore in ritmo è un qualcosa che sprigiona sensazioni concrete. Lo si può quasi percepire, annusare, anche a metri di distanza osservandone il linguaggio del corpo nel momento in cui sta per mettere le mani sul pallone. Difficilmente si sbaglia. Quel pallone sta per essere tirato, e quel tiro andrà dentro. Idem per Roll.

Ma Datome è stato eccellente anche in difesa, nella linea posteriore di quella zona 3-2 che ha svoltato la partita, in un ruolo difficile, che lo ha costretto a muoversi tanto per uscire negli angoli e, contemporaneamente, a controllare i tagli dei lunghi alle sue spalle. Certo, avere LeDay che te li chiama in continuazione dalla panchina può essere utile, ma quella strada, quelle corse, quegli scatti bisogna sempre farli. Così come spettacolare è stata la prima linea difensiva, con il trittico Moraschini-Cinciarini-Roll. Il lavoro di Morasca in punta è stato da libro stampato, con quel continuo tergicristallo per farsi trovare sempre davanti al pallone su ogni ribaltamento di lato. Solidissimo anche Roll, ormai leader dello special-team difensivo in stile NFL. Quando c’è bisogno di un momento di 3&D, Messina chiama sempre il suo numero, e il Baffo risponde.

È stata finalmente anche la serata buona per vedere, dal vivo, qualche minuto di Davide Moretti. L’impatto fisico è stato migliore di quanto potessi immaginare. Pensavo soffrisse di più, ma in realtà ha retto in maniera discreta. L’impatto tecnico-tattico, invece, è da rivedere, forse per essere stato schierato da playmaker, in un ruolo non propriamente suo. La proprietà di palleggio è migliore della percezione che avevo avuto finora vedendolo soltanto in TV, ma la creatività e la visione di gioco non mi sembrano spiccare. Giusto provare e sperimentare ma, per ora, mi sembra molto più efficace in versione tiratore.

scritto da Daniele Fantini