AX Armani Exchange Milano-Khimki Mosca 84-74

Giovedì 25 febbraio 2021, Mediolanum Forum di Assago (MI)

Esattamente un anno fa, di questi tempi, il 20 febbraio 2020, il Forum ospitava la sua ultima partita di Eurolega nell’era pre-covid. Sì, c’era il pubblico. Anche se non tutto esaurito, ma comunque un colpo d’occhio accettabile. E sì, l’avversario fu proprio il Khimki Mosca, con Jonas Jerebko protagonista di una delle sue serate più concrete della carriera con il club russo. Oggi, 25 febbraio 2021, il Khimki è l’ombra di quella squadra, sbriciolato da una crisi interna senza fine, e la vittoria dell’Olimpia numero 17 vale il nuovo record in una singola stagione nell’epoca dell’Eurolega moderna, con sorpasso al 16-12 con cui Luca Banchi condusse la stessa Milano ai playoff per la prima e unica volta nel nuovo millennio.

Oggi è giovedì, ho controllato sul calendario per esserne certo. E questa è l’Eurolega. Per forza. C’è il Khimki. Sono praticamente tutti russi riciclati, ma è comunque Eurolega. No, perché per gran parte della partita ho pensato che potesse essere domenica. Per la prima volta in questa stagione, Milano ha giocato in Eurolega una partita da campionato. Una classica partita domenicale di Serie A, con una fiammata a cavallo dei due quarti centrali per prendere il controllo seguita da un lungo periodo di gestione e amministrazione controllata. Brutto basket, o meglio, brutto atteggiamento in tutti i minuti non compresi tra il 12′ e 23′, ma è comprensibile. In una serata virtualmente priva di stimoli e/o pericoli, è anche fisiologico giocare al risparmio, considerando le 6 partite in calendario in queste due settimane, con doppio doppio-turno. Mica poche in questo momento della stagione.

Della partita c’è da dire veramente poco, se non fare un plauso a Shavon Shields, MVP su entrambi i lati del campo e unico a giocare sempre in maniera seria e concentrata. Per lui è stata una serata di Eurolega vera, dal primo all’ultimo minuto in cui è stato in campo. Per il resto, sguardi, intensità, fisicità, parole, sono state le stesse di un qualcosa più che un allenamento competitivo. Ho visto anche un Messina molto compassato, anzi, quasi incredulo della facilità con cui l’Olimpia ha toccato il +22 a inizio ripresa senza, peraltro, fare nulla di particolare se non infilare qualche tiro con Datome e difendere per tre minuti consecutivi al rientro dallo spogliatoio. Ecco, poi qualche urlaccio è arrivato. Perché una volta ingranato l’atteggiamento giusto, è normale che il coach pretenda che questo venga poi mantenuto fino alla sirena. E non che si faccia vivacchiare un avversario sinceramente non presentabile a questo livello fino al -8 del 38′.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Jordan Mickey che apre la partita tra AX Armani Exchange Milano e Khimki Mosca.

Le varie assenze programmate/non giustificate/quello che volete voi, hanno tolto Alexey Shved dalla contesa. Peccato. Aspettavo questo giorno per poterlo rivedere all’opera, perché a Milano o contro Milano, tendenzialmente ha sempre fatto cose egregie. E in un contesto come questo, in versione sempre più hero-ball, avrebbe potuto tranquillamente prendersi 25 tiri con 10 assist e 10 palle perse, facendo tutto e il contrario di tutto. È però stata l’occasione di dare un’occhiata ad altri due giocatori interessanti. Errick McCollum, che ho sempre visto volentieri sin dai tempi dell’Efes, ha onorato la maglia e la causa. Non ha più il primo passo bruciante dei tempi migliori, ma è comunque servito il miglior Shavon Shields in veste agente speciale per mettergli un freno nel secondo tempo. Anche Jordan Mickey ha onorato, eccome, la serata, lui alla chiara ricerca di un contratto per la prossima stagione. Ricordo ancora la prima volta che ci ebbi a che fare, quando, da rookie, all’inizio della stagione 2015-16, venne a Milano per l’NBA Tour con i Boston Celtics. Fu uno dei pochissimi giocatori “gentilmente concessi” dalla squadra alla stampa, assieme ad RJ Hunter, altro rookie, e non ricordo più chi degli scalda-panchina di coach Brad Stevens. Ovviamente, non avevo la minima idea di chi fossero e trovavo quasi avvilente doverci rapportare con loro. Oggi, a 6 anni di distanza, Mickey non è riuscito a scavarsi una sua nicchia in NBA, ma è un giocatore di ottimo livello per l’Eurolega, e mi auguro, per lui, che possa essere ricompensato con un buon ingaggio per il prossimo anno.

Su sponda Milano, eccezion fatta per l’ormai classico show di Zach LeDay capo-curva di un settore sempre più gremito (ora sono cinque i giocatori out), è stata l’occasione, invece, per il primo assaggio di Jeremy Evans. Se siete amanti dei giocatori di culto NBA, avrete la sua immagine del trionfo al Dunk Contest del 2012 ancora ben impressa in mente, quando schiacciò in contemporanea due palloni alzati da Gordon Hayward, ai tempi entrambe grandissime e giovanissime speranze degli Utah Jazz. Il secondo, però, diciamo che è riuscito a prendere una strada un tantino diversa dal primo…

Nove stagioni dopo, Evans debutta in Eurolega contro la sua ex-squadra dopo un anno intero ai box per un infortunio a un ginocchio. Ingresso sul +22, massimo vantaggio Milano. Prima azione difensiva. Bomba in faccia di Sergej Monya. Bene. Siete stati compagni di squadra nella scorsa stagione, dovresti sapere che Sergione, da tre, la mette. Messina non gradisce. Prima azione offensiva. Palla persa nel traffico. Messina gradisce ancora meno. Seconda e terza azione offensiva in cui viene coinvolto in maniera diretta. Due spingardate sul ferro, ma di quelle brutte, tese e dirette, da perfetti “SDENG!”. Messina entra nella red zone, si gira verso la panchina e sbraita: “Those are not the shots that we want” (“Quelli non sono i tiri che vogliamo prendere”). Evans rientra in difesa, Messina gli dice qualcosa, lui risponde farugliando qualcosa con un cenno del capo e una scrollata di spalle appena abbozzata, come per dire: “Sì sì non ti preoccupare. So quello che faccio, lascia fare a me”. Eh no, forse non hai ancora capito bene come funziona qui. Trascorre un’altra manciata di secondi e la panchina è pronto a riaccoglierlo. 4’30” di campo in tutto, tre rimbalzi, due tiri sbagliati, -4 di plus/minus. Classico albatros che sorvola la gara. On to the next one

scritto da Daniele Fantini