Dikembe Mutombo, il Re delle stoppate firmate col ditone: “Not in my house!”

Da bambino, mi è servito molto tempo per imparare a camminare. Continuavo a cadere. Mio zio diceva: ‘È alto, ma molle come una banana’. Banana, in congolese, si dice Dikembe, e mio zio cominciò a chiamarmi così. Ma, contando tutti i nasi che ho rotto, sono finito con l’essere uno degli uomini più pericolosi della Terra…

Dikembe Mutombo

In uno sport che ha come scopo infilare un pallone dentro un canestro, i grandi attaccanti hanno sempre monopolizzato il palcoscenico. Con rarissime eccezioni. Dikembe Mutombo è forse la più famosa di queste. Quattro volte premiato come miglior difensore della NBA (un record condiviso con Ben Wallace), secondo nella classifica all-time di stoppate alle spalle del solo Hakeem Olajuwon, Mutombo passa alla storia come il prototipo del centro difensivo per eccellenza, perfetto “guardiano” della propria area e del proprio canestro. Soprannominato “Mount Mutombo” per ovvi motivi legati a un altezza vertiginosa di 218 centimetri cui unisce un’apertura alare ancor più impressionante, Mutombo ha alle spalle una vita densa e una carriera lunghissima, che lo vede ritirarsi a 42 anni dopo 18 stagioni sui parquet NBA e dedicarsi in maniera estremamente attiva per realizzare progetti umanitari nella Repubblica Democratica del Congo, suo Paese natale.

Dikembe Mutombo muove il ditone dopo aver piazzato una stoppata con la maglia degli Atlanta Hawks.
  • I 5 giocatori con il maggior numero di stoppate nella storia della NBA: Dikembe Mutombo è in seconda posizione
GiocatoreStoppateMedia a partita
Hakeem Olajuwon3.8303.09
Dikembe Mutombo3.2892.75
Kareem Abdul-Jabbar3.1892.04
Mark Eaton3.0643.50
Tim Duncan3.0202.17
  • I giocatori che hanno vinto per più volte il premio di Miglior Difensore della NBA: Mutombo guida la classifica con Ben Wallace
GiocatorePremi vintiStagioni
Dikembe Mutombo41995, 1997, 1998, 2001
Ben Wallace42002, 2003, 2005, 2006
Dwight Howard32009, 2010, 2011

Dagli inizi travolgenti alle due Finals con Philadelphia e New Jersey

Sono serviti sette anni a Michael Jordan prima che riuscisse a schiacciarmi in testa per la prima volta. D’altronde, è grazie alle stoppate che sono entrato nella Hall of Fame.

Dikembe Mutombo

Quando Mutombo sbarca negli States a 21 anni (dichiarati, ma mai realmente confermati) per iscriversi all’Università di Georgetown, il suo sogno è diventare un medico. Il basket arriva in maniera secondaria ma immediata, perché i suoi 218 centimetri non lo fanno passare inosservato nell’ateneo. Subito inserito nella squadra collegiale degli Hoyas, forma, al fianco di Alonzo Mourning, una delle coppie di big-men fisicamente più dominanti della NCAA e, grazie alle sue qualità difensive, approda in NBA con la quarta scelta al draft del 1991: lo chiamano i Denver Nuggets, in quel momento ultimi nella Lega per punti concessi ed efficienza difensiva. Bastano poche settimane perché Mutombo trasformi la squadra trascinandola ai playoff, dove matura un’impresa leggendaria: Denver batte i Seattle Supersonics 3-2 rimontando da una situazione di 0-2, e diventa la prima testa di serie #8 della storia a eliminare la #1. In quella serie al meglio delle cinque gare, Mutombo piazza 31 stoppate, un record vivo ancora oggi.

Dikembe Mutombo in marcatura su Shaquille O’Neal nelle Finals NBA del 2001 tra Philadelphia 76ers e Los Angeles Lakers.

Dopo cinque anni a Denver in cui guida la Lega per stoppate in tre stagioni consecutive raccogliendo però solamente un’altra qualificazione alla post-season, Mutombo passa agli Atlanta Hawks dove scrive un altro importante capitolo della propria storia: ma la sua straordinaria prestazione per la Eastern Conference nella mitica edizione dell’All Star Game del 2001 (in cui domina con 22 rimbalzi e 3 stoppate) convince Larry Brown di essere la pedina mancante al puzzle dei Philadelphia 76ers di Allen Iverson. Con Mutombo, i Sixers raggiungono le Finals, vincono una gara-1 leggendaria ma non hanno la forza necessaria per superare il muro dei Los Angeles Lakers di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal. Mutombo gioca una seconda Finale, anche se con ruolo molto più ridotto per problemi fisici, con i New Jersey Nets nel 2003, ma la squadra guidata in quel momento da Jason Kidd e Kenyon Martin si schianta contro i San Antonio Spurs di Tim Duncan, Tony Parker e Manu Ginobili. Dopo una breve tappa a New York, Mutombo prosegue e chiude la carriera giocando per cinque stagioni con gli Houston Rockets, dove trova un altro gigante: Yao Ming. Nonostante soffra una lunga serie di acciacchi fisici, svolge ancora un ruolo importante dalla panchina, riuscendo, a 40 anni, a raccogliere 22 rimbalzi in una singola partita, record NBA. L’addio arriva dopo un grave infortunio al tendine rotuleo sofferto in gara-2 del primo turno di playoff del 2009 contro Portland: Mutombo fa calare il sipario dopo 18 stagioni a 42 anni di età.

“Not in my house”! Il “ditone” dopo ogni stoppata, un gesto che ha ispirato generazioni intere

Quando sono entrato in NBA, i grandi attaccanti pensavano di poter arrivare sempre facilmente al ferro. Dovevo far capire loro che nessuno poteva volare nella casa di Mutombo. All’inizio scuotevo la testa dopo una stoppata. Ma capii presto che avrei dovuto costruirmi un nuovo gesto, una firma speciale per i momenti in cui dominavo la partita.

Dikembe Mutombo
Dikembe Mutombo insegna a Joel Embiid il “finger-wag”: il centro dei Philadelphia 76ers è il suo giovane prospetto preferito.

Se Bill Russell è stato il precursore della stoppata, Dikembe Mutombo l’ha resa cool, allo stesso livello adrenalinico e spettacolare di una schiacciata. L’immagine classica di Mutombo rimasta nella memoria collettiva è quel lunghissimo dito indice alzato e mosso come per dire “No, no, no” dopo ogni stoppata. In inglese, lo chiamano “finger wag”. È la sua firma per eccellenza, un gesto che ha poi ispirato la generazione successiva di big-men, e non solo. Il “finger wag” è uno dei primi gesti-firme personali nella storia della NBA, una sorta di apripista per tutte quelle movenze che caratterizzeranno poi in maniera univoca le superstar: dal lancio della polvere di LeBron James, al “cooking” di James Harden, all'”It’s over” di Vince Carter, alle tre dita picchiate sulla tempia di Carmelo Anthony. Con quel ditone, riproposto ancora oggi da tanti giocatori in maniera più o meno estemporanea, Mutombo sdogana un nuovo linguaggio del corpo nel mondo della NBA e dello sport in generale.

L’impegno nel sociale: una seconda vita dedicata ad aiutare l’Africa

Sono contento di non essere diventato un medico, perché ora posso fare molte più cose. Sono un dottore, ma anche un amministratore, un CEO, uno psichiatra, un attivista, un promotore di campagne. Penso di aver fatto bene.

Dikembe Mutombo
Dikembe Mutombo porta un momento di serenità ai bambini di un ospedale di Dallas, nel Texas.

In 18 anni di carriera ad altissimo livello, Mutombo guadagna oltre 140 milioni di dollari, buona parte dei quali poi destinati ad aiutare la sua Repubblica Democratica del Congo e, più in generale, la sua Africa. Di fianco al Mutombo sportivo, brilla in egual maniera anche la figura del Mutombo impegnato per opere umanitarie e nel sociale. Il suo sogno iniziale (studiare negli States per diventare un medico e aiutare il proprio Paese) si trasforma in un’opera molto più grande: nel 2006 apre il Biamba Marie Mutombo Hospital, la prima struttura ospedaliera moderna costruita nella zona di Kinshasa, la capitale del Congo che conta 7.5 milioni di abitanti (oggi sono oltre 12 milioni). Mutombo contribuisce alla realizzazione di un progetto immenso da 29 milioni di dollari versandone 20 di tasca propria, e lo dedica alla mamma, scomparsa qualche anno prima per infarto. Mutombo ha poi partecipato anche a diverse edizioni di Basketball Without Borders per aiutare le comunità più povere, svantaggiate e isolate in Africa ed è stato testimonial di una massiccia campagna di vaccinazione contro la poliomielite.

scritto da Daniele Fantini