Italbasket tra futuro e speranze: c’è una base solida per il prossimo ciclo

Lunedì 22 febbraio 2021

Avevamo detto che avremmo onorato la maglia e la causa, e così è stato. Anche se fosse stato un gruppo competitivo, l’Italia si sarebbe comunque guadagnata l’accesso a Euro 2022. Anzi, lo avrebbe fatto come prima testa di serie grazie alle quattro vittorie consecutive iniziali comprendenti anche lo scontro diretto favorevole con la Russia, avversaria più dura ma battuta due volte. Le due sconfitte conclusive contro Estonia e Macedonia, squadre con tutt’altra motivazione e che si giocheranno oggi uno spareggio all’ultimo sangue, non compromettono il lavoro svolto da Meo Sacchetti nelle tre finestre di qualificazione. Anzi, in un certo senso lo arricchiscono maggiormente, considerata la possibilità di concedere più spazio e minuti ai debuttanti e ai giocatori più giovani, quelli da testare a livello mentale, tecnico e attitudinale per cominciare a studiare caratteristiche e conformazione della Nazionale del futuro.

Giocatori “azzurrabili”: c’è molto più di quel che si pensa

Nonostante le limitazioni dovute all’impossibilità di attingere dai bacini di NBA ed Eurolega, nelle 6 gare giocate tra il febbraio del 2020 e 2021 Sacchetti ha portato con sé in panchina 23 giocatori, tutti rigorosamente Under 30, in un mix interessante tra elementi ormai esperti del nostro campionato e del basket europeo in generale (Marco Spissu, Pippo Ricci, Michele Vitali e Amedeo Tessitori hanno composto la spina dorsale dei veterani, colonna necessaria su cui poter poi ancorare tutto il resto), giocatori di ruolo che si sono saputi ritagliare il proprio spazio all’interno delle rispettive squadre di club negli ultimi anni e giovani in rampa di lancio, quella generazione dei millennials su cui sono riposte le attenzioni e le speranze maggiori.

Considerando i risultati ottenuti e la platea molto larga di elementi utilizzati che non ha mai permesso – volutamente – di costruire una vera e propria chimica di squadra, la conclusione sembrerebbe sfatare quel “mito dei panda” che ha segnato, in maniera negativa, l’opinione pubblica degli ultimi anni: giocare in Serie A non significa necessariamente essere “azzurrabili”, ma in realtà gli elementi su cui poter lavorare sono in numero molto maggiore rispetto a quello che si pensa. Sul campo, calati in un contesto differente da quello vissuto quotidianamente nei club, senza gli americani come punto di riferimento offensivo, hanno comunque mostrato di saper giocare e di poter esprimere un basket fluido, pulito, moderno, unito a ottimi momenti nella metacampo difensiva. Certo, manca un vero centro di peso alle spalle di Tessitori (lacuna che ci trasciniamo da tempo come movimento in generale), ma all’interno della pallacanestro di Meo Sacchetti e nei dettami più generali del basket contemporaneo l’Italia si adatta molto bene con una batteria di mezzi lunghi versatili, pericolosi nel tiro da fuori ed efficaci in tante situazioni difensive, dai cambi sui pick’n’roll alle rotazioni rapide sul lato debole.

Il ciclo che verrà: la generazione dei Millennials

Nel preolimpico di inizio estate e agli Europei del prossimo anno vedremo una squadra differente nella sua ossatura centrale, segnata dai reintegri di tutti quei giocatori che non hanno potuto partecipare al programma delle qualificazioni, dai vari Datome, Hackett, Belinelli, Melli Gallinari, ma anche Polonara Fontecchio, che in questa stagione di Eurolega si sono ritagliati con merito un posto da titolari al massimo livello internazionale, e, probabilmente, Mannion, finora ai margini in NBA ma protagonista in G-League. Ed ecco l’utilità di queste finestre giocate con le – passateci il termine – “seconde linee”: individuare non solo i profili migliori da aggiungere ai big per massimizzare l’efficacia della squadra quando arriveranno i tornei importanti, ma anche chi potrà essere protagonista del prossimo ciclo, considerando l’età ormai non più verde dei soliti noti.

In questo senso, lo sguardo sulla generazione dei millennials è stato il più interessante e stuzzicante: Giordano Bortolani (2000), Gabriele Procida (2002) e Matteo Spagnolo (2003) hanno tenuto il campo con personalità e migliorando di gara in gara, a conferma di una tranquillità emotiva e mentale crescente con l’esperienza maturata a questi livelli. Ed è qui, in questa generazione, in cui possiamo inserire anche il già citato Nico Mannion (2001) e Alessandro Pajola (1999), pedina importante nella sua Virtus Bologna anche in Eurocup, che dobbiamo guardare con maggior interesse, dove talento generale, mezzi fisici/atletici e qualità mentali sembrano pronti e adeguati per costruire le basi di un’Italia solida nel prossimo quinquennio.

scritto da Daniele Fantini