LDLC Asvel Villeurbanne-AX Armani Exchange Milano 78-69

Venerdì 5 febbraio 2021

Per coincidenze varie, l’Asvel è una delle squadre che ho visto di più, quest’anno, in Eurolega. E di cui ho assistito alla netta crescita nelle ultime settimane. Dopo aver visto l’Olimpia spenta e vuota nella sconfitta di domenica con Trieste mi sono suonati diversi allarmi nel cervello, rafforzati poi dalla conta degli assenti. Contro una squadra così fisica e atletica, Jeff Brooks avrebbe fatto parecchio comodo. Vlado Micov anche, per aprire il campo da quattro tattico. Ma quando ho saputo che anche il Chacho non sarebbe stato della compagnia, era abbastanza chiaro che le premesse per la partita-trappola c’erano tutte. Perché se i primi due puoi anche riuscire, bene o male, a nasconderli, Rodriguez no. L’unico playmaker vero della squadra non si può rimpiazzare.

In realtà, su quel +10 alla metà del terzo quarto, mi stavo per ricredere. Milano sembrava averla presa in mano, accendendo finalmente anche Kevin Punter, ma è mancato quel cinismo – o più probabilmente forza e lucidità – per piazzare quegli altri due-tre canestri che avrebbero definitivamente mandato l’Asvel al tappeto. C’è stato un lungo momento di squadre lunghe, stanche, con tanti ferri e attacchi poco lucidi. Non un bel segnale se giochi in trasferta e contro una squadra che fa del fisico, prima che della tecnica, la sua arma principale. E il crollo è arrivato, inesorabile, in un quarto periodo di staticità pura.

Lì, in quel momento, Rodriguez avrebbe potuto salvare la situazione. Avrebbe dato a Milano un vero playmaker, cosa che Delaney, per quanto eccellente in tantissime altre sfumature del gioco, non è, e soprattutto un senso a un secondo quintetto che si è affidato troppo a lungo a Kyle Hines come portatore di palla. Cosa che ha funzionato e che può funzionare, ma per momenti relativamente brevi. E comunque sempre accompagnata da un esterno di ruolo, perché, ormai, quel pick’n’roll da hand-off è stato più che vivisezionato da ogni avversario, con annesso crollo di efficacia.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Moustapha Fall apre LDLC Asvel Villeurbanne-AX Armani Exchange Milano.

Fare un sacco e buttar via tutto non credo sia, comunque, la scelta più indicata. Perché, sconfitta a parte, ci sono indizi positivi da tenere in considerazione per le prossime partite. Oggi ho rivisto il vero Shavon Shields. Quello che, fino all’infortunio, aveva fatto girare tante teste per essersi trasformato – complice anche la bacchetta di Dusko Ivanovic al Baskonia – in uno dei two-way player più efficaci dell’intera Eurolega. Ha azzannato la partita come un matto, tenendo in piedi Milano quasi in solitaria nel primo periodo. E ha fatto lo stesso anche nel quarto, con quella serie di giocate dal gusto old-school in palleggio-arresto e tiro, pulitissime e letali. Non è bastato, vero, perché nel quarto periodo la motion-offense di Milano è completamente sparita, esponendo il fianco. In quel momento mi è tornato in mente un flash, un episodio della scorsa settimana contro lo Zenit. In una situazione simile, nel quarto periodo, LeDay urla dalla panchina: “Come on! Pin-down! Movement”. E l’attacco, improvvisamente, riparte. Questa volta, forse, Zach non ha gridato abbastanza. O, più probabilmente, non c’era la forza per farlo.

Bene anche Kaleb Tarczewski, in quella che credo essere stata la sua miglior partita dell’anno. Anche più efficace ed efficiente, per la prima volta in stagione, di Kyle Hines. D’altronde, era la sua partita, contro un avversario fatto quasi con lo stampino per lui. Non ha sbagliato quasi nulla, anzi, è stato a lungo il perno difensivo della squadra. Attento, concentrato, reattivo come non lo vedevo da tempo. Benino anche Zach LeDay, che sembra aver ritrovato l’efficacia offensiva un po’ mancata nelle ultime uscite, dove aveva comunque eccelso per quantità. Sono tornati quei suoi jumper letali dalla media distanza, quei suoi tiri a una mano in svitamento da centro-area quasi immarcabili. Ecco, in difesa un po’ meno, ma qui ci sarebbe da aprire un capitolo sull’Asvel.

Guerschon Yabusele sta diventando sempre più grosso ma, contemporaneamente, più forte, veloce e preciso. Un controsenso vero. Quando lo avevo visto al Forum, all’esordio casalingo, avevo avuto un’impressione pessima. Ma, di gara in gara, è cresciuto sempre più, giustificando quella chiamata con la numero 16 (bella altina, eh?) al draft del 2016 dai Boston Celtics.

David Lighty sta vivendo quella che ormai sarà la sua quindicesima giovinezza. Quest’anno mi ha sempre stupito per l’impatto su entrambi i lati del campo, e per la personalità, la fiducia e l’esperienza con cui è sempre pronto a caricarsi la squadra sulle spalle nel momento del bisogno. Quei suoi tiri dai quattro metri in svitamento da situazione di post-up, gli stessi con cui ha ammazzato Milano nel quarto periodo, non sono frutto del caso o di una serata fortunata. Quello è il suo tiro per eccellenza, su cui ha una percentuale altissima. Un maestro vero del mid-range. Anche qui, molto old-school, un po’ alla Dwyane Wade (se mi passate il paragone con tutti i distinguo del caso), ma tremendamente efficace.

Norris Cole è quasi superfluo citarlo. Quando è in serata, il fatto che abbia giocato e vinto due finali NBA emerge in maniera lampante. Ci sono state azioni nel quarto periodo in cui ha spiegato fondamentali di penetrazione in maniera perfetta. Osservate, più che altro, l’utilizzo del corpo, usato come scudo per proteggersi dal rientro del difensore una volta girato l’angolo di blocco. Astuzie del mestiere, che si imparano con anni e anni di basket ad alto livello, giocato, ogni sera, con la ferocia e la passione di un gladiatore.

scritto da Daniele Fantini