Le squadre più forti di sempre: la Montepaschi Siena di Simone Pianigiani

Per parlare della Montepaschi Siena è riduttivo soffermarsi su una sola, singola stagione del lungo periodo in cui la squadra allenata da Simone Pianigiani ha dominato la pallacanestro italiana, così come è virtualmente impossibile scegliere una particolare annata. Siena è un processo, iniziato ben prima del grande momento d’oro, all’alba degli anni 2000, che prende coscienza di sé con il primo titolo conquistato da Charlie Recalcati nel 2003-04, con Pianigiani assistente in panchina e Bootsy Thornton, arrivato in estate da Cantù, capostipite di quello che sarebbe poi diventato il “giocatore-tipo” mensanino.

Un decennio da favola

I successi della Montepaschi si aprono con l’inizio del nuovo millennio e la conquista della Coppa Saporta del 2001, primo titolo della storia: è la squadra di Ergin Ataman (con Pianigiani sempre nel ruolo di assistente), gestita in campo da due artisti del playmaking come Petar Naumoski e Vrbica Stefanov, e puntellata in attacco da un fuoriclasse come Boris Gorenc e da un Roberto Chiacig nel prime della sua carriera. Da lì, si apre un decennio che vede la Montepaschi costruire la propria bacheca con 8 scudetti (7 dei quali consecutivi tra il 2006-07 e il 2012-13), 5 Coppe Italia e 7 Supercoppe. Il post-Ataman, un triennio di regno di Charlie Recalcati, solidifica la struttura, l’aspetto e il timbro della MensSana (uno scudetto e una Supercoppa), poi raccolto in eredità da Simone Pianigiani, promosso capo-allenatore nel 2006 dopo un lunghissimo periodo di apprendistato tra le giovanili e come assistente cominciato nel lontano 1995.

Charlie Recalcati e Justin Hamilton, Montepaschi Siena, Serie A 2005
Charlie Recalcati e Justin Hamilton, Montepaschi Siena, Serie A 2005

Il sistema Pianigiani

Già nel primo anno del suo lungo corso, Pianigiani dà una chiara impronta alla squadra, costruendo quel sistema che lo accompagnerà attraverso i 6 anni di regno biancoverde e che gli aprirà poi anche le porte della nazionale azzurra. Pur avendo sempre a disposizione roster di qualità sopraffina per il campionato italiano e complessivamente di alto livello per affrontare anche l’Eurolega, Pianigiani non gioca per evidenziare le qualità del singolo, ma per amalgamare le identità amplificandole, e far così emergere la forza del gruppo

I punti-cardine sono il collettivo e l’intensità: Pianigiani non culla o coccola le sue superstar (e ne avrebbe avute, da Terrell McIntyre a Bo McCalebb…) ma fa lavorare ogni pezzo all’interno di un delicato meccanismo che rende la Montepaschi un orologio in attacco. Movimenti senza palla, timing e spaziature sono perfetti, e quando la bellezza di passare il pallone e giocare per gli altri genera canestri in continuazione, l’attacco mensanino diventa impossibile da fermare. Pianigiani inserisce molti concetti poi divenuti basilari nella pallacanestro moderna, dal pick’n’roll centrale, ai tre tiratori sul perimetro per allargare l’area, all’importanza dell’angolo (dove David Moss ha costruito una carriera…), al “4 spread” (l’ala grande con tiro – vedi Stonerook, Ress o Lavrinovic – posta sul lato debole per prendere una conclusione sugli scarichi o giocare poi a due con l’angolo e mantenere la fluidità offensiva).

La Siena di Pianigiani non scommette mai in maniera pesante su giocatori stranieri, ma, attraverso un ottimo lavoro di scouting, pesca sempre elementi di grande intelligenza cestistica e tattica, già rodati, con esperienza internazionale ed europea, e capaci di intendere e giocare una pallacanestro fine, differente da quella d’Oltreoceano. E, soprattutto, pesca sempre giocatori con particolari qualità caratteriali: agonisti, combattivi, umili e disposti a sacrificarsi per il gruppo e la vittoria del gruppo stesso. Come detto, infatti, il secondo pilastro del sistema Pianigiani poggia sull’intensità, a partire dalla fase difensiva, lì dove Siena fa la differenza in Italia e colma il gap tecnico con le avversarie più blasonate in Europa. La MensSana ha la qualità e capacità di aggredire immediatamente la partita, portando pressione sul portatore di palla, lavorando individualmente per togliere i punti di riferimento alle stelle avversarie, e muovendosi di squadra con clinic di rotazioni, aiuti e recuperi da manuale. E, quando arriva il break, è spesso di dimensioni pesanti, alimentato da un’attività difensiva sempre più forte che, a sua volta, porta a punti facili in attacco.

Pianigiani Siena 2011
Simone Pianigiani, head-coach della Montepaschi Siena, in una foto del 2011

Il grande rimpianto europeo

Il lungo periodo di dominio assoluto in Italia, così totale e completo da rendere il campionato quasi noioso, non trova però altrettanta soddisfazione in Europa, il grande terreno di caccia rimasto inviolato nonostante un paio di grandissimi acuti. In un momento storico di enorme flessione del basket italiano, è la Siena di Pianigiani che mantiene il nostro movimento ad alto livello in Eurolega, centrando la FinalFour in due occasioni.

La prima, nel 2007-08, quando la squadra è in mano a Terrell McIntyre e puntellata sui pretoriani di Pianigiani, da Romain Sato a Shaun Stonerook, da Rimas Kaukenas a Bootsy Thornton, da Marco Carraretto a Benjamin Eze: dopo aver chiuso al secondo posto il girone iniziale, al primo le Top16 e aver eliminato il Fenerbahçe nei quarti di finale, Siena si arrende in semifinale 92-85 al Maccabi Tel Aviv di Will Bynum, David Bluthental, Terence Morris, Derrick Sharp, Nikola Vujcic e del giovanissimo Omri Casspi, un’onta poi tristemente asciugata con il brodino caldo della finalina per il terzo posto vinta contro il Tau Vitoria.

La seconda, nel 2010-11, all’apice del percorso di Pianigiani, con Bo McCalebb, Nikos Zisis, Ksistof Lavrinovic, Rimas Kaukenas, Shaun Stonerook, David Moss e Malik Hairston: un’altra sconfitta dolente, arrivata in semifinale dopo quella clamorosa rimonta nei quarti contro l’Olympiacos, quando, dopo il -48 di gara-1, Siena vince le tre partite successive con una prova di forza spaventosa. La Montepaschi perde 77-69 contro il Panathinaikos (poi campione) di Antonis Fotsis, Dimitris Diamantidis, Mike Batiste, Drew Nicholas, Nick Calathes, Stratos Perperoglou e dell’ex-Romain Sato, un ko poi nuovamente e tristemente risollevato con la vittoria nella finalina sul Real Madrid. Due terzi posti, due grandi delusioni, due sogni infranti.

2009-2010 Serie A Montepaschi Siena Simone Pianigiani Ap/LaPresse
Simone Pianigiani durante un time-out nella stagione 2009-10

Le anti-Siena e la fine del ciclo

Nel corso degli anni, si sono succedute diverse squadre viste come grandi avversarie della Montepaschi: a cominciare dalla Roma di Toti degli anni d’oro, passando per la Milano che provava a travestirsi da Siena, rubandole pezzi ogni estate, salvo poi scontrarsi duramente contro un muro quando questi, posti in un altro contesto, non funzionavano come previsto, fino alla Cantù di Andrea Trinchieri, probabilmente la squadra che, per caratteristiche su entrambi i lati del campo, si è più avvicinata alla MensSana, dandole maggior fastidio. In realtà, l’epoca della MensSana si conclude di morte naturale, con la serie delle finali del 2014 persa in gara-7 contro Milano, quando ormai la squadra, molto ridimensionata rispetto al recente passato per i noti problemi finanziari, si ritrova sul groppone lo spettro della radiazione e del fallimento, problemi che non le impediscono di sfiorare il sogno di un altro scudetto, quello che sarebbe stato il più incredibile e impronosticabile dell’intero corso.

2013-14 Serie A, Milano-Siena, Alessandro Gentile, Josh Carter (AP/LaPresse)
2013-14 Serie A, Milano-Siena, Alessandro Gentile, Josh Carter

scritto da Daniele Fantini