AX Armani Exchange Milano-Allianz Pall. Trieste 81-100

Domenica 31 gennaio 2021 • Mediolanum Forum di Assago (MI)

Cento punti con 16/24 da tre e zero tiri liberi sono numeri ben strani. Ma, d’altronde, che senso ha andare in lunetta a fare un punto quando se ne possono fare tre nella stessa azione? Scherzi a parte, lo 0/4 ai liberi di Trieste (che in lunetta ci è andata sì, in tre occasioni) fa risaltare in maniera netta l’altro lato della medaglia: la difesa di Milano, questa sera, non c’è stata. Mai. A partire dalle primissime azioni, con quella serie di canestri in back-door che hanno fatto arrabbiare, e non poco, Radio Zach LeDay, oggi spettatore non pagante per la prima volta in stagione dopo un lunghissimo periodo di spremitura non-stop. Trieste in area c’è andata, eccome, tirando 40 volte con 26 realizzazioni (65%!), brava ad attaccare il canestro in situazione dinamica contro un’Olimpia che, senza LeDay, Brooks e l’infortunio di Micov, non ha avuto nessun collante nel ruolo di 4. La distorsione di Vlado è un colpo pesante. La sua faccia in panchina mentre gli mettevano la borsa del ghiaccio era come un libro aperto, la faccia sconsolata, triste, delusa e pensierosa di uno che, dopo il gomito e il covid, sembra dire “Ma ancora?? Ancora a me??”.

Vincendo oggi, Milano avrebbe chiuso il mese perfetto, un gennaio da 11/11, cosa mai vista nell’epoca dell’Eurolega moderna, dove l’Olimpia è sempre andata in picchiata in questo periodo eccezion fatta per l’annata di Luca Banchi. In realtà, non mi è sembrato un obiettivo particolarmente sentito. È stata una partita giocata e gestita senza quello che negli States sono soliti chiamare sense of urgency, eccezion fatta per un tratto di puri nervi vissuto nel quarto periodo, quando però l’inerzia era ormai già ben incanalata da tempo e impossibile da ribaltare. È stata, per così dire, una partitella di transizione, quasi una sgambata per traghettarsi verso l’ultima partita di Eurolega prima della sosta per la Coppa Italia. Poco focus, tante piccole disattenzioni e anche un Messina meno demanding in panchina. Insomma, l’impressione del “giochiamo, diamo minuti a tutti, e come va va, pazienza anche se perdiamo, per una volta ce lo possiamo permettere”.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Marcos Delia apre la partita tra AX Armani Exchange Milano e Allianz Pall. Trieste.

Come on, red!”. La voce che ormai mi martella da inizio anno l’orecchio sinistro oggi mi è arrivata da una distanza leggermente più lontana e arretrata, quasi sorprendendomi la prima volta che l’ho sentita durante l’huddle precedente alla palla a due, ma non ha mai smesso di riecheggiare nel vuoto del Forum. Perché, eccezion fatta per Gigi Datome, anche oggi di qualità offensiva eccellente, l’attrazione più interessante è divertente è stata ancora una volta Zach LeDay. Uno che in panchina non riesce a star seduto da quanto sente la partita, figurarsi quando non viene convocato. Oggi ha fatto il tifoso. Lì, nella tribunetta alle spalle della panchina, gli mancavano soltanto pop-corn e bicchiere di birra in mano. Mascherina abbassata e quaranta minuti di chiacchiere incessanti. Di fianco, Kevin Punter e Malcolm Delaney, silenziosi e con gli occhi più rivolti ai propri smartphone che al campo. Chiaro, nessuno potrà mai avvicinarsi a LeDay, nemmeno lontanamente, ma il fatto che questa partita interessasse il giusto, si evince anche da queste cose.

Da quanto raccontato finora parrebbe che Trieste abbia vinto su una Milano sbandata, ma, in realtà, sarebbe un grave errore pensarla in questo modo. Trieste ha giocato la sua miglior gara dell’anno in assoluto, mostrando di avere un piano-partita ben studiato, strutturato e tradotto sul campo alla perfezione. La difesa è stata perfetta. Sempre pronta a mettere pressione sulla palla, a raddoppiare, ad aiutare, a ruotare con rapidità ed efficacia sul lato debole. L’attacco anche. In campionato non ho mai visto una squadra muovere il pallone in maniera così fluida ed efficace. Quel numero esorbitante di triple non è arrivato in maniera casuale, ma perché Trieste è sempre riuscita a far muovere la difesa e a trovare costantemente un punto debole per costruire un tiro aperto. Chapeau.

Una rimessa da fondo di Sergio Rodriguez durante la partita tra AX Armani Exchange Milano e Allianz Pall. Trieste.

Juan Manuel Fernandez è stato impressionante per la personalità con cui ha gestito la partita. E per la faccia tosta con cui si è preso tanti tiri importanti, mandandoli tutti in fondo al sacco, con quel suo rilascio rapidissimo. Quando è in ritmo e in fiducia, ha guizzi offensivi davvero devastanti. Negli ultimi due anni l’ho visto migliorare tantissimo. Se avesse avuto un po’ più di continuità e consistenza agli inizi della carriera, forse quella maglia di Milano l’avrebbe davvero indossata in una gara ufficiale. E forse sarebbe ancora lì, perché, da italiano, potrebbe comunque fare parecchio comodo alla causa nelle domeniche di Serie A. Idem Davide Alviti, altro giocatore che, se avessi una squadra, firmerei all’istante.

Tra Eurolega e campionato resta sempre e comunque un abisso. Rotazioni a parte, che oggi hanno portato Messina a schierare e a giocare con una squadra in realtà nuova, con pochissimi punti di continuità rispetto al grosso della stagione, rimangono due evidenze lampanti. 1) Milano si adatta sempre e comunque all’avversario, anche e soprattutto con i suoi giocatori stranieri. Poco da fare, è un aspetto naturale, fisiologico, comune alla pallacanestro (e allo sport) di qualsiasi livello. Attenzione, focus, concentrazione e carica agonistica sono in formato ridotto, quantomeno per buoni tratti di gara. Certo, si rischia, ma probabilmente è anche un fattore necessario per poter affrontare un calendario così impegnativo. 2) Mentre in Eurolega si ha ormai quasi la sensazione che gli avversari temano Milano, e che l’Olimpia sia in grado di svoltare anche una situazione negativa per insicurezza psicologica della controparte, le squadre italiane che affrontano Milano giocano LA partita dell’anno, LA partita della vita. Preparano tutto nei minimi dettagli, giocano con un’attenzione e un’agonismo doppio rispetto a una gara normale. E, giustamente, ci sono serate in cui la portano a casa. Con merito.

scritto da Daniele Fantini