AX Armani Exchange Milano-Fortitudo Lavoropiù Bologna 98-72

Domenica 28 febbraio 2021 • Mediolanum Forum di Assago (Milano)

Perdere “in casa” (se questa definizione può avere ancora un senso in tempo di covid) della capolista è una situazione generalmente accettabile. E qui non posso far altro che annuire. Però, e qui mi scosto, da giocatore e allenatore, prima che giornalista e blogger, ho sempre pensato che ci sia modo e modo di perdere. E quello della Fortitudo, al netto di percentuali dall’arco irripetibili in stagione per l’Olimpia (21/31), non è accettabile. Perché la partita è morta subito, dopo nemmeno tre minuti, un centinaio di secondi e rotti in cui Milano ha settato il tono facendo capire che, nonostante le assenze, il turnover, la pancia piena dopo la conquista della Coppa Italia e la classifica comunque sorridente, giocare al Forum, quest’anno, è diverso da qualsiasi altro parquet della penisola. Bene, non lo scopriamo certo oggi. Quindi mi chiedo: la Fortitudo, esattamente, come avrebbe preparato la partita? Come avrebbe deciso di approcciarla per provare a mandare lei stessa un segnale all’avversario più forte, cercando di togliere sicurezze? Ci ho pensato a lungo per tutto il primo tempo, e non ho avuto la minima illuminazione.

Il momento di raccoglimento prima della partita tra AX Armani Exchange Milano e Fortitudo Lavoropiù Bologna.

Se ti fai battere sistematicamente da Sergio Rodriguez sulla prima linea difensiva è matematico che arriverà un canestro o un assist. In Coppa Italia lo ha già fatto capire chiaramente. In questo momento della sua stagione, per il livello delle difese che può offrire il campionato italiano, gli è sufficiente lasciare il proprio uomo sul blocco per aprirsi un mare di possibilità attaccando il centro-area. E se gli mandi addosso un aiuto perdendo un tiratore, dovresti sapere che, tendenzialmente, Rodriguez gli metterà la palla perfettamente in mano. E se quel tiratore, per caso, dovesse essere Kevin Punter, si può iniziare a scrivere “3” ancora prima che inizi a caricare il pallone sopra la testa.

La partita è andata in soffitta con quella fiammata da 30-11 del primo quarto interamente forgiata dal Chacho e KP, sorretta da un’abnegazione difensiva collettiva da grande serata di Eurolega. Un plauso a Kaleb Tarczewski (il fatto che gli sia arrivato anche da coach Messina al momento dell’ultima sostituzione implica che abbia giocato veramente una partita di alto livello), ottimo nel contenimento dei giochi a due di Bologna, ma, soprattutto al lavoro in marcatura dello stesso Punter e Shavon Shields sulle bocche da fuoco avversarie, soffocate senza alcuna pietà in un primo tempo stordente. Tra Wesley Saunders, Adrian Banks e Pietro Aradori non so chi sia stato più sofferente. Forse proprio Banks, che quest’anno sto vedendo sempre più involuto e fuori contesto rispetto a quel giocatore straordinario dell’era Brindisi.

La Fortitudo ha provato la carta della disperazione schierando una zona 3-2, che, come sappiamo, ha grossi punti deboli negli angoli e in post alto. Milano l’ha attaccata con letture di grandi qualità, andando a colpire con precisione millimetrica in ogni piccola crepa. Prima con Vlado Micov, che ho visto in netta ripresa fisica e mentale dopo le infinite difficoltà di quest’annata sciagurata, e poi con Michael Roll, sempre più “Mr. Utilità” in queste partite di campionato dove può fare la differenza su entrambi i lati del campo, fornendo una spalla extra-lusso alla difesa di Shields sul perimetro e un terminale offensivo con movenze pulitissime che ricordano tanto quelle di Jaycee Carroll, un monumento per la categoria dei tiratori.

Tanti minuti anche per gli italiani, in cui si sono viste buone conferme da Paul Biligha, un paio di triple confortanti per Davide Moretti, largo spazio da playmaker per Riccardo Moraschini (onesto nella gestione, anche se a risultato ormai ampiamente acquisito), i primi canestri in campionato di Jakub Wojciechowski (ancora molto indietro, però, nella comprensione dei meccanismi del sistema difensivo) e tanta voglia di campo di Andrea Cinciarini, rabbioso anche sul +30. E ne ha ben donde. Chi ha giocato lo sa bene, e probabilmente si rivede in quella scena in cui, da perfetto capitano, fronteggia l’arbitro dicendogli: “Sì, ma non è che non fischi più perché siamo sopra di trenta, eh?”.

scritto da Daniele Fantini