AX Armani Exchange Milano-Olympiacos Pireo 90-79

Mediolanum Forum di Assago, Milano • martedì 26 gennaio 2021

“Un tiro. Ha segnato solo un tiro. E cosa facciamo adesso? Vlado da 4? Contro di lui? Ma dove vogliamo andare? Un tiro. Ha segnato solo un tiro”.

Chi parla è Radio Zach LeDay. Quel lui, invece, è Georgios Printezis, tre canestri in tutta la partita. Due nel primo tempo, con un paio di movimenti sul perno in post-basso enciclopedici, uno solo nella ripresa, nei primi istanti del terzo periodo, una tripla dall’angolo su ribaltamento di lato su cui LeDay era uscito in ritardo. Un errore che non si può fare se vuoi stare in campo con Messina. Pur essendo abituato alla sua voce continua e ronzante nelle orecchie, ormai accessorio inscindibile da qualsiasi partita casalinga dell’Olimpia, non ho mai visto LeDay così arrabbiato, così chiassoso e così a lungo. Talmente estenuante che, quando Messina ha poi deciso di dargli un’altra possibilità, il collega al mio fianco ha quasi sospirato: “Oh! Finalmente lo rimette dentro”.

Non è stata la serata di Zach LeDay, ma è stata quella di Kevin Punter. Se coach Dan Peterson commentasse ancora, sono certo che avrebbe rispolverato la sua mitica frase: “Oh, lui è un killer!”. 27 punti, massimo in carriera, 13 nel solo quarto periodo, arrivati con una naturalezza tale che, quando ho ricopiato il box-score, sono rimasto quasi sorpreso. Punter 27? E quando li ha fatti? In effetti, ripensandoci, li aveva fatti eccome, in una miriade di modi. La capacità di lettura della difesa è la cosa che mi è rimasta impressa più di tutte in questa serata. Perché un conto è segnare sugli scarichi, o prendendo ritmo dal palleggio anche con l’uomo addosso. Ma le uscite dai blocchi sono state di livello superiore. Ne ha fatte una serie di soli curl, ricciolando stretto verso il centro-area. Cose che si provano, si insegnano, si allenano anche al nostro livello minors, ma che, in realtà, tendono spesso a essere dimenticate o ignorate. Perché è così “bello” e naturale andare a ricevere il pallone là in fondo, sulla riga da tre punti. Vero, ma non è detto che sia sempre un reale vantaggio.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Octavius Ellis che apre AX Armani Exchange Milano-Olympiacos Pireo.

La vittoria è arrivata, ancora una volta, nella metacampo difensiva. In quei primi cinque minuti di secondo e quarto periodo in cui l’Olympiacos ha segnato soltanto 5 miseri punti. Milano l’ha imbrigliato con la Regina delle difese di squadra. La coordinazione tra uomini e reparti è stata ancora perfetta, come la scorsa settimana contro il Bayern Monaco. A ogni minimo movimento della palla, di un attaccante o di uno stesso difensore, corrisponde un identico movimento di adeguamento. Il feeling, soprattutto con i quintetti più leggeri, è totale. Ormai non si difende più di contenimento sul pick’n’roll. Ma, come insegna Kyle Hines, si lavora in anticipo, si aggredisce, si tiene il pallone lontano dall’area. Certo, così facendo ci si espone ad altri rischi se c’è anche un minimo ritardo nella rotazione: triple sui ribaltamenti, rimbalzi d’attacco sul lato debole. Va bene, che arrivino pure. Ma il fatto di impedire agli avversari di giocare il proprio basket, costringendoli ad andare per soluzioni secondarie o terziarie, resta sempre un vantaggio sul lungo periodo.

Poi c’è il capitolo Sergio Rodriguez, che fa discorso a sé. Oggi gli ho visto fare penetrazioni con un primo passo bruciante e una rapidità dei suoi tempi migliori. Roba da spaccare le difese in due. Certo, dall’altra parte, però, resta a sua volta attaccabile dal palleggio in ogni singola azione, cosa che stride col concetto di difesa di squadra che ho descritto poco fa. “Guardalo, una statuina”, è stato il commento chiaro di Messina mentre mimava una sua posizione difensiva con un uso del corpo e dei piedi totalmente errati. Vero, la differenza con Malcolm Delaney è enorme. A prima vista forse non sembra, ma Delaney è un difensore sulla palla eccellente. È più facile che resti impresso per un tiro inventato, o per una di quelle sue tante espressioni frustrate quando ritiene di non aver ricevuto un fischio che si meritava. Ma, in realtà, è uno che dietro lavora e si sacrifica come un matto. Il Chacho dà e toglie. Ma finché quel che dà è di più che quel toglie…

L’huddle dell’AX Armani Exchange Milano prima della partita con l’Olympiacos Pireo.

Milano ha preparato una staffetta perfetta per imbrigliare Kostas Sloukas, con Delaney, Roll e Punter. Eppure, Sloukas ha giocato spremendosi per quasi 34 minuti, un pericolo costante con la palla in mano, nella perfetta figura della point-guard ball-dominant moderna. Personalità, carattere, intelligenza, visione di gioco, raffinatezza di fondamentali sono di un altro livello. Qualità che si vedono in una manciata di giocatori in tutta l’Eurolega. Quest’anno è stato sicuramente uno dei giocatori che mi ha impressionato maggiormente, in positivo. Non che non lo stimassi già, ma mi sembra ancor più migliorato. Il povero Spanoulis, invece, mi ha fatto tanta compassione. Mi auguro che non sia questa la sua ultima annata, ma la differenza di passo mi sembra ormai notevole. Cosa che non ci si può permettere nella pallacanestro moderna. L’unica cosa che mi è rimasta impressa è stato lo scambio di battute, ovviamente con LeDay, alla sua prima azione di fianco alla panchina Olimpia. “Come va, ragazzo mio? Ti piace sempre toccare il pallone quando entri, eh?”. “Sempre, quello sempre!”.

Da rivalutare, e di molto invece, Sasha Vezenkov. L’avevo già visto più determinato, più inserito in altre gare di questa prima metà di stagione, e oggi ho avuto la conferma diretta. Il ragazzo tira, tira come un pazzo, e con una rapidità di caricamento e rilascio sorprendente per la sua struttura fisica. D’altronde è andato vicino, vicinissimo a ribaltarla soltanto con quelle sue triple sparate a raffica nella ripresa. Un bel rischio, certo. Ma, come si dice in gergo, quando ne segni troppe di fila, dopo un po’ le finisci…

scritto da Daniele Fantini