AX Armani Exchange Milano-TD Systems Baskonia Vitoria-Gasteiz 79-84

Mediolanum Forum di Assago (MI), mercoledì 23 dicembre 2020

Il saluto pre-partita tra Ettore Messina e Dusko Ivanovic è lungo e caloroso. Due Grandi Maestri che si ritrovano dopo tanto tempo hanno chissà quante e quali storie da raccontarsi e complimenti da spendere a vicenda. I loro volti sono rilassati, aperti in un sorriso genuino, che scomparirà, però, appena ognuno tornerà sulla propria strada, verso la propria panchina, immerso in tonnellate di pensieri.

“Questo è l’approccio da schifo che avete ogni volta”. Basta una manciata di azioni perché Messina cominci a sferzare la propria panchina, nonostante siano gli altri, i titolari, a incassare un break-lampo di 0-6 in un paio di minuti. Un atteggiamento classico dei grandi allenatori, di cui Zeljko Obradovic è forse l’artista migliore, ma che trova ottimi esponenti anche in Sarunas Jasikevicius e nello stesso Dusko Ivanovic. D’altronde, ri-settare le coordinate dei giocatori pronti a entrare in campo è fondamentale per evitare che ricadano negli stessi errori per cui i titolari verranno poi sostituiti.

“I feel devotion”…

Nonostante l’assenza di Achille Polonara, un vero peccato perché avrei voluto apprezzare dal vivo i progressi compiuti dal ragazzo nel suo ultimo anno e mezzo a Vitoria, Baskonia è una squadra solida, tignosa e ben organizzata in attacco, degno specchio della mentalità e dell’esperienza del proprio allenatore. La difesa è una delle migliori d’Europa, ancorata su un reparto esterni umile e fisico e sui perni centrali forniti dai muscoli di Tonye Jekiri e dai 221 centimetri dell’interminabile Youssapha Fall. L’addio estivo di Toko Shengelia, bandiera dell’ultimo quinquennio, è stato un colpo al cuore sanguinoso per i tifosi, ma comunque ben assorbito sul piano tecnico da un mercato che ha portato in terra basca giocatori in crescita e affamati di emergere come Rokas Giedraitis, Alec Peters e lo stesso Jekiri. Certo, le rotazioni restano relativamente corte (8 uomini schierati in assenza di Polonara), ma la chimica è buona e il contesto accettabile, soprattutto se, nonostante il blasone, l’obiettivo stagionale è un campionato dignitoso con una speranza di qualificazione ai playoff. L’andamento attuale (decimo posto, record di 7-8) è perfettamente in linea con le attese.

Zoran Dragic e Pierria Henry sono stati i veri torchiatori su perimetro. Il partitone di Dragic era un qualcosa di atteso. Da quando ha interrotto il rapporto con Milano in maniera, diciamo, non particolarmente serena, è sempre tornato al Forum con la furia dell’ex avvelenato. A 31 anni e con un crociato ricostruito, sta giocando una delle sue migliori stagioni della carriera in Eurolega, a conferma che l’esperienza internazionale accumulata in anni (e partite) ad alto livello ha un valore di base sicuramente superiore al semplice talento o alle qualità fisiche generali. Questa sera non ha sbagliato un colpo, letale su ogni possesso.

Pierria Henry mi ha stupito in positivo. Non sarà mai il mio playmaker ideale per quella sua curiosa discontinuità che lo porta ad alternare giocate straordinarie a letture altrettanto pessime e palle perse banali (7 anche stasera a fronte di 8 assist), ma, visto da vicino, possiede un trattamento di palla di grande livello e, soprattutto, una rapidità sul primo passo con pochi eguali in Europa, unita a una spiccata coordinazione del corpo che gli permette di infilarsi in varchi piccolissimi nel cuore delle difese. Ecco, sugli esiti finali di quelle azioni è consigliabile tornare alla riga sopra: o un canestro eccezionale, o una palla persa con cui Ivanovic, potendo, rivolterebbe la panchina.

La palla a due tra Kaleb Tarczewski e Tonye Jekiri che apre AX Armani Exchange Milano-TD Systems Baskonia Vitoria-Gasteiz.

Dopo tante partite trascorse omaggiando la perfetta intesa tra Kyle Hines e Zach LeDay, così come l’ottimo coordinamento difensivo generale dell’Olimpia, è arrivata, come vorrebbe anche la legge dei grandi numeri, una partita sofferente nel verniciato. Baskonia ha una front-line complessa da affrontare (e lo sarebbe stata ancor di più con Polonara disponibile) per la grande varietà di interpreti schierabili. Può giocare in maniera tradizionale e fisica con i muscoli di Tonye Jekiri, uno che, a pura potenza fisica, potrebbe metterne in fila tanti anche a livello di Eurolega, oppure più leggera e perimetrale con Alec Peters, uno a cui è vietato concedere anche una minima manciata di centimetri quando si allarga per ricevere sull’arco, o totalmente rivolta a scavare nel verniciato con Youssupha Fall, una pertica che ha compiuto progressi tecnici e tattici enormi rispetto alla sua stagione da rookie dello scorso anno. Vero, nulla di sorprendente considerando quanto fosse acerbo il ragazzo, ma ora è un 2.21 capace di dominare per tratti della partita. E quei 221 centimetri, uniti a braccia chilometriche, si sentono anche se sei un difensore eccelso come Kyle Hines. Così come si sentono quando un attaccante, un qualsiasi attaccante, ha la bizzarra idea di avvicinarsi troppo al ferro con lui in zona.

Dopo 35 minuti trascorsi a inseguire una partita di cui non è mai riuscita a trovare il filo logico, l’Olimpia è riuscita a piazzare un maxi-break improvviso per rientrare dal -16 al -2 arroccandosi in una zona 3-2, un tatticismo che, probabilmente, avrebbe potuto tentare già molto prima al netto delle difficoltà diffuse sulla metacampo difensiva. Non ha funzionato in maniera immediata, ma si è accesa quando Baskonia ha perso per cinque falli Luca Vildoza, ball-handler e cervello principale della squadra anche se in una serata non particolarmente brillante. Non a caso, il traino di quel quintetto difensivo è stato Michael Roll, lo stesso che, tre giorni prima, aveva sparato quella raffica di triple per affondare Sassari. Mister Utilità all’ennesima potenza.

scritto da Daniele Fantini