AX Armani Exchange Milano-UnaHotels Reggio Emilia 102-73

Mediolanum Forum di Assago • Domenica 17 gennaio 2021

Riprendendo una mitica citazione di Federico Buffa, potrei aprire il mio racconto di oggi così. “Benvenuti sul pianeta Sergio Rodriguez. Abitanti: uno solo. Lui”.

Quando il Chacho gioca così, non ce n’è per nessuno. Specialmente nel campionato italiano. Quando sono entrato al Forum, credevo che Messina gli volesse concedere un turno di riposo, idea confermata dal fatto che, in quel paio di minuti di riscaldamento visti pre-partita, non l’avevo notato nella ruota. Distrattamente, certo. Perché quando, in fase di presentazione, ho sentito lo speaker chiamare il suo nome, ho sobbalzato. Ah, ma allora il Chacho c’è. Eccome se c’è.

Gli è bastata una manciata di minuti per tracciare un solco tra sé e tutto il resto. Anzi, forse una singola azione, la prima difensiva, quando, un po’ sorpreso, si è ritrovato sverniciato dalla prima accelerazione di Brandon Taylor dal palleggio. Lì, ha subito cambiato faccia e atteggiamento. Come se volesse dire: “ok, fate attenzione per un attimo, ora vi spiego rapidamente perché io sono Sergio Rodriguez e voi no”. Punti e assist (18+7 in soli 17 minuti) non si contano nemmeno. Sono numeri superflui, quasi scontati di fronte alla naturalezza con cui ha gestito ogni possesso. Quasi incurante, anzi, per usare un termine di moda in questo periodo, immune alla difesa avversaria. Sì, davanti a lui c’erano degli omini vestiti con una maglietta di colore diverso dal suo, ma era come si sparissero di fronte ai suoi occhi. E questo apre il secondo grande tema del giorno.

Non ho idea di cosa Reggio Emilia abbia studiato in settimana, ma, a questo punto della stagione, non ho mai visto una squadra così peggio preparata per affrontare Milano. Battuta non soltanto sul piano dell’intensità, già di per sé inaccettabile considerando il numero abnorme di partite giocato dall’Olimpia da inizio dicembre, ma anche e soprattutto su quello tattico. Ripensando alle ultime due gare di campionato viste al Forum (Sassari e Pesaro), un piano-partita difensivo c’era, molto chiaro e non facile da battere. Reggio, suo malgrado, mi ha stupito al contrario. Non solo per la facilità con cui l’Olimpia ha mosso il pallone e ha attaccato sul perimetro dal pick’n’roll, ma anche per la quantità anomala di tiratori persi in maniera continuata sul perimetro. Ho in mente un paio di esempi molto chiari: andare ad aiutare sul lato forte lasciando Datome aperto in angolo è un errore che si può concedere forse (e sottolineo il forse) in Prima Divisione, considerando la qualità generale dei giocatori in campo. Ma non è ammissibile in Serie A, soprattutto di fronte a uno come Gigione. Che, da parte sua, ringrazia e ne mette altri 15 continuando a cavalcare la sua migliore striscia del campionato.

Kyle Hines fa stretching nel riscaldamento pre-partita di AX Armani Exchange Milano-UnaHotels Reggio Emilia.

Certo, in molte altre occasioni bravo lui. Credo abbia segnato almeno 3-4 canestri dei suoi, in svitamento dopo un paio di palleggi rinculati per guadagnare un paio di metri e costringere il difensore in una posizione di equilibrio meno solida. In quelle situazioni non ha quasi nemmeno bisogno di inquadrare il canestro. È come se avesse un radar interno che, analizzando lo spicchio di campo davanti a sé, è in grado di ricostruire l’esatta posizione sul parquet e fornirgli già l’input della distanza, della forza e della precisione necessaria per scoccare il tiro nel momento in cui si svita verso il ferro. E, considerando la percentuale di realizzazione, direi che il radar funziona ancora molto bene.

Glissando su quelli che ormai sono i soliti noti (la difesa di Kyle Hines, le zampate di Zach LeDay in area, le fucilate di Kevin Punter e di Michael Roll, soldato sempre pronto a eseguire gli ordini), oggi si è presentata l’occasione per poter dare uno sguardo più approfondito alle seconde linee. Riccardo Moraschini mi sembra ormai perfettamente ristabilito dopo il covid e quel breve periodo di grossa perdita di fiducia in campo al rientro post-malattia. D’altronde mi sembra che l’abbia già confermato in modo netto in Eurolega, in un contesto di ben altro livello. Anche il Cincia, da capitanissimo, ha ringhiato per il lungo tratto di garbage-time che Messina gli ha concesso, ormai perfettamente calato nel suo ruolo di capo-spogliatoio.

Concreto Paul Biligha, e non soltanto per i 10 punti segnati in 21 minuti, entrambi season-high. Ha dato fisicità, solidità, concretezza, a partire dalla metacampo difensiva, allungando spesso e volentieri le sue braccione ovunque. Da rivedere, ancora, Davide Moretti. Ultimamente, Messina lo sta provando a riciclare come playmaker, anche a costo di sacrificare minuti per Cinciarini o mantenere Moraschini nel ruolo di ala piccola. D’altronde, e giustamente, è lui il progetto da sviluppare. Il suo primo tempo è stato onesto. Diligente, ordinato, con errori limati al minimo. Lo vedo migliorato anche nel ball-handling, qualità che non mi sembrava così evidente a inizio stagione, o forse ha semplicemente trovato più fiducia. Meno bene, purtroppo, nel finale, quando ha sparacchiato facendo crollare in picchiata le percentuali. Erano tiri da prendere, certo, e questo certifica comunque la sua intraprendenza, ma tiri usciti male, molto male. Molti storti, piatti, con poco spin della palla. Insomma, quei classici tiri figli di una meccanica non buona, che si vedono a frotte nei campionati minors ma in maniera rara in Serie A. Strano, molto strano. Perché il tiro è sempre stato il suo fondamentale migliore.

Ultimissimo appunto su Dominique Sutton. Anche se arrugginito, è un piacere ritrovarlo in Italia. Credo che sia uno di quei giocatori che faccia bene alla nostra pallacanestro. Come è successo l’anno scorso con Brindisi. A 34 anni, è ancora pronto a giocare ogni pallone come fosse l’ultimo, o il primo, della sua carriera. Con la stessa carica agonistica, stessa durezza, stessa intensità. Credo che LeDay si sia accorto subito del personaggio, con quel paio di gomitate che ha dovuto incassare a gioco fermo su rimessa da fondo. D’altronde, è anche così che bisogna fare per mettere in difficoltà i più forti…

scritto da Daniele Fantini