AX Armani Exchange Milano-Zenit San Pietroburgo 73-72

Milano, 3 gennaio 2020

“Ci sono delle vittorie che fanno quantità, e se poi vengono con difficoltà sei ancora più soddisfatto, perché se avessi vinto di 20 magari non l’avresti nemmeno considerata” – coach Franco Casalini, dopo Olimpia Milano-Zenit San Pietroburgo.

Verissimo. Chi ha giocato, anche a livello minors, probabilmente può confermare. Quante volte, passato qualche giorno/settimana/anno, vi siete ricordati delle vittorie più dure, più difficili, più sudate. Quante volte avete gioito assieme ai vostri compagni negli istanti immediatamente successivi il suono della sirena, lasciando esplodere quell’enorme mole di emozioni raccolta, senza tregua, nel corso dei 40 minuti di fuoco. Quante volte, poi, è stato proprio il ricordo di quei momenti a darvi la scintilla in altre partite, in altre occasioni: già, perché avercela fatta quella volta significa essere in grado di potercela fare ancora.

Sono le vittorie brutte quelle che fanno gruppo. E il gruppo è la cosa più importante di cui l’Olimpia ha bisogno in questo momento per metabolizzare il filotto di sconfitte che l’ha spinta dal primo al settimo posto in mezzo girone d’andata. Perché in molte di quelle sconfitte è stata evidente la difficoltà di trovare e darsi un’anima forte e collettiva.

Amedeo Della Valle in lunetta nella partita tra Olimpia Milano e Zenit San Pietroburgo

D’altronde, anche quella striscia vincente tra la seconda e la nona giornata era nata proprio così. Da due vittorie “brutte”. Quella col brivido finale contro lo Zalgiris (+4 dopo il +16 di fine primo quarto), e quella “rubata” ad Atene con i tiri liberi di Moraschini a 8″ dalla sirena. “Rubata” nel senso buono, come quella di ieri sera. Ma di quante partite “rubate” si fondano le grandi stagioni? Quante volte le grandi squadre vincono partite sulla carta forse immeritate, con un solo guizzo nel finale? Basterebbe pensare anche solo alle ultime sconfitte di Milano: spesso avanti, poi rimontata e battuta nel secondo tempo o nell’ultimo periodo.

Certo, poi della partita con lo Zenit si potrebbero sviscerare molti altri argomenti. Dalle difficoltà nel creare attacco prendendo vantaggi dal palleggio, al calo delle percentuali nel tiro da fuori (inizialmente la vera arma in più di questa squadra), alla mancanza di un vero go-to-guy sul perimetro per supplire all’assenza di Nedovic così come quella di un 4-stretch con mano precisa dall’arco, fino al debutto stentato di Keifer Sykes, l’uomo più atteso della serata. Ma, per il momento, il consiglio è un altro. Godersi quanto di positivo visto nel girone d’andata, a partire dalla consistenza difensiva e dalla riscoperta del ruolo-chiave dei centri (non a caso, aspetti-base del successo con lo Zenit), e ricordarsi che, dal 2000 in avanti, Milano ha vissuto soltanto UNA singola stagione positiva in Eurolega. Oltre a questa.

scritto da Daniele Fantini