Final Eight Coppa Italia • Day 3, zoccolo duro e pretoriani: Messina ha trovato la quadra per Milano

Il 6+6 del nostro campionato è una regola che si presta a tante sfaccettature. Per le squadre di vertice è di interpretazione più complessa, perché le porta, sostanzialmente, a gestire due gruppi differenti tra campionato e coppa, con un extra-sforzo nel trovare chimiche e alchimie differenti tra il giovedì e la domenica. Per Milano è stato un problema annoso: non riuscire a esprimere, in campionato, l’intero potenziale del roster a disposizione. Ma, in questa stagione, Messina sembra aver trovato la quadra.

La semifinale vinta contro Venezia ha avuto, per certi versi, spunti in comune con il successo di tre settimane fa sul Bayern Monaco, quando Milano scese in campo in situazione di emergenza per l’infermeria affollata ma con il nocciolo della squadra intatto. Ciò che emerse in quella partita di Eurolega si è poi rivisto in maniera simile in semifinale di Coppa Italia: l’Olimpia ha costruito uno zoccolo duro con rotazione a 7-8 elementi come non si vedeva da tempo, né in biancorosso, né nel nostro campionato. E quel nucleo, su cui si vanno ad aggiungere i vari elementi di rotazione nel momento del bisogno, ha una quadratura, una struttura, un’intesa e una compattezza tremende, così come la capacità di parlare la stessa lingua, o meglio, far rendere al massimo livello possibile il sistema di gioco proposto dal coach.

La palla a due tra Kyle Hines e Mitchell Watt che apre la semifinale di Coppa Italia tra AX Armani Exchange Milano e Umana Reyer Venezia

Non è un obiettivo semplice da raggiungere, anzi, è probabilmente l’aspetto più complicato nel lavoro gestionale del gruppo, ma, se ottenuto, può fornire una serie di sicurezze e garanzie che permangono per l’intera stagione, tesa, in maniera del tutto fisiologica, a periodi di alti e bassi. E quelle stesse sicurezze restano sempre pronte per essere attinte anche all’interno di una singola partita, per contrastare i momenti di crisi più duri. Nonostante l’avvio-sprint di Venezia, capace di mettere in difficoltà l’Olimpia per buona parte del primo tempo su entrambi i lati del campo, l’impressione generale è sempre comunque rimasta quella di una Milano in grado di svoltare la situazione in qualsiasi momento, affidandosi alla quadratura dei propri pretoriani. Messina non ha titubato, continuando a cavalcare i suoi migliori, consapevole che la risposta sarebbe arrivata. E così è successo, con quel terzo periodo che ha disintegrato il sottile filo dell’equilibrio mostrando un divario forse anche più grosso di quello effettivo.

Una rimessa laterale di Kevin Punter nel terzo periodo della semifinale di Coppa Italia tra AX Armani Exchange Milano e Umana Reyer Venezia.

La difesa è stata a livello Eurolega. Anzi, a livello di una grande serata di Eurolega. Capace, una volta prese le misure, di spegnere tutte le bocche da fuoco. Da Mitchell Watt, il più pericoloso nel primo tempo e in grado, con tecnica, stazza ed esperienza, di contrastare la front-line avversaria, a Michael Bramos, ammutolito dopo un quarto di finale sontuoso con la Virtus, a Austin Daye, quasi non pervenuto. Kyle Hines Zach LeDay hanno ormai trovato un’intesa e un assetto impareggiabili per la nostra Serie A, troppo atipici e polivalenti per dare punti di riferimento alle difese, e allo stesso tempo incredibilmente versatili per potersi accoppiare o contenere qualsiasi avversario nella propria metacampo. Anche Julyan Stone, l’unico che per caratteristiche ugualmente particolari avrebbe potuto metterli in difficoltà, si è visto costretto ad alzare bandiera bianca molto presto.

Ma è stata, soprattutto, la partita di Sergio Rodriguez. Dopo aver fugato i dubbi sulla sua prontezza dopo l’assenza della scorsa settimana con un rientro brillante nel successo su Reggio Emilia, il Chacho si è confermato con una delle prestazioni più belle e spettacolari della carriera italiana. Dopo i chiari segnali lanciati nel primo tempo di una serata ispirata, nel terzo quarto è stato travolgente. Un uragano con gli occhi, le movenze e il linguaggio del corpo delle giornate migliori. Perché il Chacho potrebbe anche giocare in controtendenza con i dettami della motion offense moderna, per quella sua spiccata propensione a tenere tanto la palla in mano, ma lo fa in modo dinamico, balzando sulle punte e incrociando continuamente il palleggio, per tenere il difensore sempre in affanno, pronto a scattare quando il suo radar interno capta anche la minima possibilità di prendere un vantaggio. E, una volta preso, conviene prepararsi ad aggiornare molto presto la casellina dei punti o degli assist a referto.

scritto da Daniele Fantini