AX Armani Exchange Milano-Stella Rossa MTS Belgrado 67-77

Milano, 5 dicembre 2019

Certe squadre non cambiano mai. Passano gli anni, i giocatori vanno e vengono, ma il sistema, anzi, l’anima, resta sempre la stessa. La Stella Rossa è forse uno degli esempi più calzanti. Una squadra che, pur non avendo mai avuto grandi superstar, cannonieri indomabili, attaccanti dal talento sopraffino, è sempre stata maledettamente ruvida da affrontare.

La Stella Rossa ha sempre occupato la casella dell’alfiere del concetto di squadra nel suo significato più pronfodo: un gruppo unito, coeso, compatto, affiatato, che rema nella stessa direzione. Senza un All-Star, ma con tanto lavoro oscuro, fisico, di intensità e soprattutto difensivo. I punti a tabellone sono sempre stati un fattore secondario, come se la filosofia di fondo fosse: “iniziamo con il lasciare a zero i nostri avversari. Tanto, prima o poi, un canestro lo faremo”. Nella pallacanestro di oggi è un mantra totalmente anacronistico. Eppure, può funzionare.

Lo ammetto. Mi piace vedere squadre con grandi attaccanti. Ma mi piace altrettanto vedere come certe altre squadre riescano a fermare i grandi attaccanti, specialmente dal vivo, con la possibilità di essere a un metro dal parquet, e poter captare il rumore dei corpi che vanno a contatto, vedere i muscoli che si contraggono per la tensione, gli sguardi di sfida negli occhi dei difensori, cogliere quelle sottili linee psicologiche per caricarsi e intimidire l’avversario con il pallone in mano. Perché la pallacanestro è il più nobile degli sport: non basta soltanto segnare, ma dall’altra parte devi impedire al tuo avversario di fare altrettanto

scritto da Daniele Fantini

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